«L’UOMO GIUSTO PER LE ROSSE E PORTEREBBE I FEDELISSIMI» Che autogol In Red Bull si sono messi da soli in questa situazione
L’ex pilota con Newey dal 1988 al 1990: «È il migliore, ma per strapparlo ai team inglesi ci vorrà un’offerta da capogiro»
«Fatemi indovinare, mi avete chiamato per chiedermi di... ehm Adrian Newey?». Ivan Capelli ride al telefono. «Da quando la notizia ha iniziato a circolare sui siti la messaggeria è esplosa». Classe 1963, campione di F.3 italiana (1983) ed europea (1984) e F.3000 (1986), debuttò part time in F.1 con la Tyrrell (1985) e AGS (1986), per poi correre a tempo pieno dal 1987 con la March, che dalla stagione successiva vide Newey nel ruolo di direttore tecnico. Una conoscenza “antica”, tra due rimasti amici che, quando possono, si ritrovano a chiacchierare. «Sono soprattutto io che gli faccio i complimenti. Il rapporto non è cambiato, per me rimane l’Adrian Newey che ho conosciuto nell’88».
► Capelli, è sorpreso dalle voci?
«Sì. Perché a 65 anni, andare via è una sfida importante nella quale si rimette tutto in gioco. E, comunque, mi viene da dire che per logica non andrà via da solo, un ingegnere di quel calibro si porta dietro i suoi fedeli, visto che in una nuova struttura dovrà essere subito operativo e attivo. Sempre che accada».
► La Red Bull è una polveriera.
«Che brucia a fuoco lento. Hanno buttato un po’ di cenere sul fuoco, ma continua ad ardere. Anche in Cina, dopo l’ultima vittoria di Verstappen hanno mostrato Christian Horner e Helmut Marko vicini sotto il podio ad applaudire. Tutta facciata, nulla è stato sedato o risolto».
► Sarebbe l’uomo giusto per la Ferrari?
«È l’uomo che racchiude 40 anni di esperienza, che anche nell’ultimo cambio di regolamento ha saputo interpretare subito le regole, trovando soluzioni a quelli che per gli altri sono invece diventati un tallone d’Achille, come il purpoising. Perché lui queste situazioni le aveva vissute 35 anni fa con le vetture a effetto suolo. È un bagaglio di esperienza, di sapienza e, al di là della sua distonia personale, di organizzazione del lavoro che rasentano la perfezione. Quel che distingue Adrian da tutti, è la capacità di valutare il proprio lavoro in maniera molto asettica. L’anno scorso ha vinto 22 gare su 23 e ha detto, benissimo, questa macchina non ha più sviluppo e si rifà. E dal punto di vista concettuale ha realizzato una monoposto completamente nuova: tiriamo una riga, foglio bianco e si ricomincia».
► Ci sono altre squadre, tutte inglesi, sulle sue tracce. Per mentalità, lavorare in Italia potrebbe essere un salto nel buio?
«A essere onesto, per quel che posso sapere io del suo pensiero, difficilmente arriverà in Italia, a meno che ci sia una proposta economica che farebbe impallidire chiunque. Per abitudine, per concettualità del lavoro e organizzazione mentale, e per come è abituato, io lo vedo ancora molto radicato in Inghilterra».
► Quindi, dovrebbe essere soprattutto la Ferrari a cambiare.
«Come ho detto, per me arriverebbe con i suoi luogotenenti. E ci sarebbe un’ulteriore rivoluzione che potrebbe non dare un risultato immediato».
► Ma l’obiettivo sarebbe il 2026, con il cambio dei regolamenti.
«Appunto. Se tariamo tutto al 2026, ci sta. Lo porto a casa, nel 2025 non è direttamente coinvolto se non per alcuni dettagli, ma andrà a programmare».
► Lei lo ha conosciuto nel 1988 alla March. Vedeva già in lui il genio?
«Sì. Perché la macchina era veramente estrema dal punto di vista aerodinamico, che è la sua vocazione primaria. Tutto quello che lui fa, di base ha un pensiero che parte da lì. È il suo dogma».
Se andrà via, si aprirà il capitolo legato alla permanenza in Red Bull di Max Verstappen.
«Sarebbe come risvegliarsi da un sogno durato 20 anni, perché tutti gli equilibri o i punti di forza della Red Bull andrebbero a svanire in un lampo. Ma si sono messi da soli in questa situazione, un autogol allucinante».
Se ci sarà l’addio, cosa gli dirà quando vi incrocerete?
«Che a 65 anni ha deciso di tornare giovane, perché una sfida così è il boost per ringiovanire».