VANNO RICONOSCIUTI ANCHE I MERITI DI ALLEGRI E PIOLI
Proprio oggi che si affrontano per l’ultima volta sulle panchine di Juve e Milan è il caso di ricordare che Max Allegri e Stefano Pioli hanno anche meriti importanti, oltre a colpe e limiti più o meno evidenti. Non pesano tanto i meriti generici, legati alle carriere. Qua si parla dei meriti di questa stagione, delle cose costruite o inseguite, di quello che rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, come cantava da giovane il principe De Gregori. C’è un’aria da capolinea. Sappiamo che nell’arcipelago social, per Allegri e Pioli, tira vento contrario. Sono lontani i tempi dei cori ”On Fire”. C’è una distanza, uno spread, tra le aspettative e quello che poi è successo. Anche questa distanza, alla fine, spinge verso l’”Out” e serve per prepararsi a scendere. È evidente che da Allegri – come prima cosa – ci si attendeva che riuscisse a dare un gioco più dignitoso alla sua Juve. Niente di rivoluzionario, ma per
rimanere nel solco “italianista” almeno qualcosa di analogo all’evoluzione in senso europeo fatta vedere dall’Inter di
Simone Inzaghi. Eppure, se il campionato è stato vivo fino a febbraio il merito è di Allegri. Si era molto parlato, e anche ironizzato, attorno ai successi di misura, al “corto muso” teorizzato dal vecchio Max. Intanto, però, quel filone di vittorie per 1-0 o 2-1 serviva per tenere agganciati i bianconeri al treno dell’Inter
che già correva velocissimo. Era andata avanti per mesi. E tanti pensavano che Allegri stesse bluffando quando diceva che l’Inter era la favorita per lo scudetto – troppo più forte – mentre l’obiettivo della Juve era un posto Champions. Tutto vero, in fin dei conti. Anche se il crollo, dopo la sconfitta nello scontro diretto dei primi di febbraio a San Siro, ha avuto una dimensione inaspettata. In
tre mesi di crisi, i bianconeri hanno vinto solo due partite di campionato. Ma in ogni caso – per quello che è durato – nessuno può togliere il merito ad Allegri di aver saputo tenere testa all’Inter. Cosa che non è mai riuscito a fare il Milan, per dire, che pure è secondo in classifica e mantiene cinque punti di vantaggio sulla Juve, piazzata al terzo posto. Il confronto con i nerazzurri costituisce buona parte della zavorra che dopo quattro anni e mezzo di panchina rossonera spinge a fondo Pioli. Nessun altro allenatore, nella storia del Milan, ha perso più derby. È una collezione impressionante che coinvolge campionato, Champions League, Supercoppa e Coppa Italia. Eppure è proprio con un derby vinto in rimonta – quello del “si è girato Giroud” – che due stagioni fa il suo Milan aveva beffato i nerazzurri andando a vincere uno scudetto che mancava da undici anni. Quello del 2011, giusto per rimanere in tema, portava in calce la firma di Allegri. Quest’anno in cui i rossoneri non sono mai stati davvero in corsa per un titolo – campionato, Champions, Europa League, Coppa Italia –
Pioli ha avuto il merito di riprendere in mano a gennaio una squadra che sembrava allo sbando, dopo la serie impressionante di infortuni, e di rilanciarla al secondo posto. A tratti, in alcune partite, il Milan ha mostrato un calcio
spettacolare, bello offensivo. E sembrava quasi ingiocabile quando Leao e Theo Hernandez riuscivano ad accendere assieme la luce. Questi sono tutti meriti. Nella parte piena del bicchiere di Pioli, va aggiunto il rendimento di alcuni giocatori – tipo Pulisic, Adli e Gabbia – che, nonostante tutto, in fondo a questa stagione escono valorizzati. Il secondo posto e la qualificazione per la prossima Champions garantiscono certe entrate al club, ma sul piano economico Allegri sta facendo ancora meglio, assicurando qualcosa come 120 milioni, pass per il Mondiale per club compreso. Sono cose che peseranno al momento del divorzio. Però se è vero che la Juve del futuro potrebbe crescere con Thiago Motta, l’allenatore del momento, restano più nebulose le prospettive del Milan. Il rischio che i rossoneri debbano rimpiangere anche Pioli dopo Paolo Maldini rimane abbastanza concreto. Intanto oggi si gioca. E per quanto residuale sia questa partita, resta sempre un classico: dentro ai suoi confini, qualche virgola può ancora spostarla.