La Gazzetta dello Sport

VANNO RICONOSCIU­TI ANCHE I MERITI DI ALLEGRI E PIOLI

- di ALESSANDRO DE CALÒ

Proprio oggi che si affrontano per l’ultima volta sulle panchine di Juve e Milan è il caso di ricordare che Max Allegri e Stefano Pioli hanno anche meriti importanti, oltre a colpe e limiti più o meno evidenti. Non pesano tanto i meriti generici, legati alle carriere. Qua si parla dei meriti di questa stagione, delle cose costruite o inseguite, di quello che rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, come cantava da giovane il principe De Gregori. C’è un’aria da capolinea. Sappiamo che nell’arcipelago social, per Allegri e Pioli, tira vento contrario. Sono lontani i tempi dei cori ”On Fire”. C’è una distanza, uno spread, tra le aspettativ­e e quello che poi è successo. Anche questa distanza, alla fine, spinge verso l’”Out” e serve per prepararsi a scendere. È evidente che da Allegri – come prima cosa – ci si attendeva che riuscisse a dare un gioco più dignitoso alla sua Juve. Niente di rivoluzion­ario, ma per

rimanere nel solco “italianist­a” almeno qualcosa di analogo all’evoluzione in senso europeo fatta vedere dall’Inter di

Simone Inzaghi. Eppure, se il campionato è stato vivo fino a febbraio il merito è di Allegri. Si era molto parlato, e anche ironizzato, attorno ai successi di misura, al “corto muso” teorizzato dal vecchio Max. Intanto, però, quel filone di vittorie per 1-0 o 2-1 serviva per tenere agganciati i bianconeri al treno dell’Inter

che già correva velocissim­o. Era andata avanti per mesi. E tanti pensavano che Allegri stesse bluffando quando diceva che l’Inter era la favorita per lo scudetto – troppo più forte – mentre l’obiettivo della Juve era un posto Champions. Tutto vero, in fin dei conti. Anche se il crollo, dopo la sconfitta nello scontro diretto dei primi di febbraio a San Siro, ha avuto una dimensione inaspettat­a. In

tre mesi di crisi, i bianconeri hanno vinto solo due partite di campionato. Ma in ogni caso – per quello che è durato – nessuno può togliere il merito ad Allegri di aver saputo tenere testa all’Inter. Cosa che non è mai riuscito a fare il Milan, per dire, che pure è secondo in classifica e mantiene cinque punti di vantaggio sulla Juve, piazzata al terzo posto. Il confronto con i nerazzurri costituisc­e buona parte della zavorra che dopo quattro anni e mezzo di panchina rossonera spinge a fondo Pioli. Nessun altro allenatore, nella storia del Milan, ha perso più derby. È una collezione impression­ante che coinvolge campionato, Champions League, Supercoppa e Coppa Italia. Eppure è proprio con un derby vinto in rimonta – quello del “si è girato Giroud” – che due stagioni fa il suo Milan aveva beffato i nerazzurri andando a vincere uno scudetto che mancava da undici anni. Quello del 2011, giusto per rimanere in tema, portava in calce la firma di Allegri. Quest’anno in cui i rossoneri non sono mai stati davvero in corsa per un titolo – campionato, Champions, Europa League, Coppa Italia –

Pioli ha avuto il merito di riprendere in mano a gennaio una squadra che sembrava allo sbando, dopo la serie impression­ante di infortuni, e di rilanciarl­a al secondo posto. A tratti, in alcune partite, il Milan ha mostrato un calcio

spettacola­re, bello offensivo. E sembrava quasi ingiocabil­e quando Leao e Theo Hernandez riuscivano ad accendere assieme la luce. Questi sono tutti meriti. Nella parte piena del bicchiere di Pioli, va aggiunto il rendimento di alcuni giocatori – tipo Pulisic, Adli e Gabbia – che, nonostante tutto, in fondo a questa stagione escono valorizzat­i. Il secondo posto e la qualificaz­ione per la prossima Champions garantisco­no certe entrate al club, ma sul piano economico Allegri sta facendo ancora meglio, assicurand­o qualcosa come 120 milioni, pass per il Mondiale per club compreso. Sono cose che peseranno al momento del divorzio. Però se è vero che la Juve del futuro potrebbe crescere con Thiago Motta, l’allenatore del momento, restano più nebulose le prospettiv­e del Milan. Il rischio che i rossoneri debbano rimpianger­e anche Pioli dopo Paolo Maldini rimane abbastanza concreto. Intanto oggi si gioca. E per quanto residuale sia questa partita, resta sempre un classico: dentro ai suoi confini, qualche virgola può ancora spostarla.

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Bianconero Massimilia­no Allegri, 56 anni, è tornato alla Juve nel 2021
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