Corriere della Sera - La Lettura

I comics crescono, noi anche

Mezzo secolo di strisce italiane: il volume e la mostra

- Di ALESSANDRO TREVISANI

Quand’è che il fumetto italiano è diventato «grande»? Qualche risposta la dà il catalogo (Skira) della mostra Fumetto italiano. Cinquant’anni di romanzi disegnati, in corso fino al 24 aprile al Museo di Roma in Trastevere. I curatori Paolo Barcucci e Silvano Mezzavilla radunano le tavole di 40 autori illustri del comicdom nostrano. E per loro il «big bang» è quel 1967 in cui la rivista «Sgt. Kirk» pubblica la prima puntata di Una ballata del mare salato di Hugo Pratt. La prima apparizion­e di Corto Maltese: è lì che si diventa grandi? Con 163 tavole fatte di maori, Guerra mondiale, corazzate nel Pacifico, citazioni da Melville e Coleridge? O con la mano di Rasputin sul sedere di Pandora (suggerita, non disegnata)?

Nei testi che precedono le tavole Stefano Cristante evoca il 1974, quando in via Rizzoli nasce «AlterLinus», per dirottare fuori da Linus il métal hurlant di Moebius e Druillet. È lì che matura il fumetto? Oppure tre anni dopo, quando su quelle pagine Andrea Pazienza disegna in Penthotal il suo Settantase­tte a Bologna?

Di certo il fumetto italiano, dagli anni Sessanta, si è fatto disinvolto, scapigliat­o, sottile. Con Magnus, Toppi, Altan, Micheluzzi, Giacon, Scòzzari, ci parla di guerriglia, grettezza metropolit­ana, gangster, adulteri, figli sottratti, ricatti chandleria­ni. Nel 1984 Lorenzo Mattotti realizza Fuochi, dove forme e colori sovrastano il testo, creando un racconto oltre al racconto. Un altro scatto di libertà, di crescita. E poi Battaglia, Crepax, Manara, Giardino, Toffolo, Igort, Ambrosini, Ortolani, Bacilieri, Fior, Zerocalcar­e, Macola, Baldazzini, Ausonia, Corona, Enoch e Ponchione. E ancora Neri, Ghermandi, Giannelli, Elfo, Colaone, Vilella, Gabos, Valentinis, Vinci, Visentin e Tuono Pettinato, col suo Nevermind dedicato a Kurt Cobain. E quel Giuseppe Palumbo che, segnala Giulio Giorello, in Un sogno turco (2008, da un racconto di Giancarlo De Cataldo) dà un volto agli armeni massacrati nel 1915.

Nel 2016 Davide Reviati pubblica Sputa tre volte: romanzone che mischia zingari, Romagna e nazismo col passo svelto del Novecento di Bertolucci. In sei decenni il fumetto è decollato: sopra, intorno, fuori da se stesso. E nel tempo è stato fumetto della crisi, dell’autocoscie­nza di una classe media che attraversa il benessere, l’austerity, le Reaganomic­s, la disfatta del 2008. Ma resta comunque disposta a spendere 300 lire per Linus nel 1965, o 20 euro per una graphic novel, 50 anni dopo. Perché a diventare grande, alla fine, è stato il pubblico.

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