Corriere della Sera - La Lettura

L’ultimo mistero del passeggiat­ore

- Di

In una notte di città, una di quelle notti artificial­i che oscurano il cielo, le stelle e il respiro dell’Universo, via Raffaele Casnedi giaceva immersa nel silenzio. Strana città, Milano, pensò l’anziano passeggiat­ore solitario, fermo a spiare nel sonno quelle case precedute da due strisce di verde, una per lato, ben recintate da muretti e inferriate. Strana città, Milano. Più viva d’inverno che d’estate, più saporosa di nebbie e di crepuscoli che di sole e di cieli azzurri. Più frizzante nella memoria e nella nostalgia che nell’attimo. Luci a Milano: così diverse, così rubate, così cangianti. A quell’ora, poi, chissà, anche i rettifili liquidi dei Navigli conoscevan­o un breve momento di sonno, un attimo, e l’alba ai vetri, l’ora che i primi prestinée sfornavano le brioche calde per coloro che il lavoro chiama o libera allorché gli altri dormono: autisti di tram e di taxi, infermieri nelle anonime case del dolore, pendolari nelle livide solitudini dei primi treni, operai delle poche fabbriche rimaste in quella che un tempo — tempo di fuoco e acciaio — era stata la capitale industrial­e d’Italia. O, forse, l’ora per animali da crepuscolo come i due che avanzavano venendo da piazzale Piola, jeans e giubbino, e braccia strette al petto, come assediati dal freddo.

Improvviso, sentì nella pelle lo stesso allarme di quei giorni lontani, quando la guerra sembrava sul punto di finire e non finiva mai, e la città era così diversa da com’era adesso, novembre 1986, e gli odori, gli odori delle cucine da campo aperte un po’ dovunque e delle fabbriche farmaceuti­che in Carlo Erba e piazza Durante, si saldavano oggi nella memoria alle sirene degli allarmi antiaerei.

I due, poco più che sagome nella luce obliqua dei lampioni, avanzavano a passi decisi e lievi.

L’uomo strinse le chiavi con la destra, formando un grossolano e inutile tirapugni. I pugni, pensò, bisogna saperli tirare. Raddrizzò le spalle.

Un giornale stracciato, un grido nella notte che nessuno ha sentito... Melis fissò negli occhi il brigadiere D’Aiuto, che confermò. Nessuno aveva sentito nulla. Forse l’anziano signore elegante era stato ucciso al primo colpo. Lasciato il campo ai portantini dell’ambulanza, il dottor Maisano affermò, in base ai tempi di coagulo, che la morte doveva essere occorsa — parlava così, Maisano: la morte per lui occorreva — verso le 4:30 del mattino. Sì, il primo colpo, inferto alla gola, spiegava perché nessuno avesse udito gridare.

Il cadavere giaceva a terra in una di quelle pose innaturali che solo morti e ubriachi san prendere. Il sangue aveva imbevuto gli abiti, la testa pendeva di fianco, attaccata al collo soltanto da car-

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