Corriere della Sera - La Lettura
Nel mondo siberiano del post-esotismo
«Come nel 1998, si possono riprendere molte definizioni estremamente sintetiche: “Una letteratura che unisce indissolubilmente l’onirico e il politico”; “Una letteratura carceraria del ripensamento, della devianza e del fallimento”; “Una letteratura internazionalista, cosmopolita, la cui memoria affonda le sue radici nelle tragedie, le guerre, le rivoluzioni, i genocidi e le sconfitte del XX secolo”».
L’anno successivo lei ha pubblicato «Angeli minori», che esce adesso in Italia. Qual è il posto di questo libro nella sua opera?
«Era un ruolo centrale nel 1999, l’affermazione di una forma tipicamente postesotica, i narrat, che permetteva alla nostra letteratura collettiva di farsi conoscere meglio. Esistevano già una decina di romanzi per noi tutti importanti, ma con Angeli minori il post-esotismo si è calato nel paesaggio letterario con più forza. Al- tra tappa essenziale è Terminal radioso, sorta di coronamento».
Potrebbe spiegare la natura dei 49 «narrat» che compongono «Angeli minori»?
«In prigione, gli uomini e le donne all’origine del post-esotismo si scambiano gli elementi che, ripresi e tramandati dai portavoce, diventano libri pubblicati fuori dalle mura. Questi elementi sono forme brevi, i narrat, istantanee in prosa, fotografie di un momento, un ritratto, una situazione, un ricordo, un fantasma. La struttura del libro è abbastanza musicale, il primo narrat e l’ultimo sono in relazione, il secondo e il penultimo si rispondono e così via fino al narrat centrale, il numero 25, che descrive la nascita del narratore Will Scheidmann, creato sciamanicamente dalle vecchie. C’è sempre un po’ di formalismo nel post-esotismo ma con una regola d’oro: che non disturbi la lettura».
L’egualitarismo e il bolscevismo hanno un valore solo evocativo, o in lei