Corriere della Sera - La Lettura
Il colpevole forse non è l’assassino
Yoshida Shuichi, bestseller in Giappone
Chiacchiere tra amiche. Una è più sveglia delle altre e frequenta siti di incontri senza particolari patemi. Si chiama Ishibashi Yoshino, ha lasciato in provincia il padre barbiere e la madre. Una sera d’inverno saluta le compagne e va all’appuntamento. Non torna: la ritroveranno su un passo di montagna, con la polizia che prima crede di aver identificato il colpevole, poi si mette a braccare quello vero.
È un mondo alla rovescia quello di L’uomo che voleva uccidermi, bestseller da un milione di copie in Giappone e prima opera uscita in Italia di Yoshida Shuichi (traduzione incalzante di Gala Maria Follaco, Feltrinelli), poliziesco che non si cura di tenere nascosto l’assassino: l’autore (classe 1968), consapevole che non c’è peggior cattivo di chi non lo è affatto, lavora sulla grana delle psicologie. Così il presunto cattivo, l’omicida reale, viene seguito nel suo innamoramento autentico, lui che «prima di allora non aveva mai avuto niente da raccontare. Adesso, però, ce l’aveva. E voleva incontrare qualcuno che lo ascoltasse». Al contrario, dell’innocente contempliamo tutta la narcisistica miseria morale.
Coscienze e solitudini si inerpicano su un Giappone ostile, freddo, anti-turistico, che si tiene alla larga dagli stereotipi e si arena in snodi autostradali, borghi di pescatori e love hotel senza finestre. Dove si muore anche senza morire.