Corriere della Sera - La Lettura
Il Mar Bianco degli ottomani
I musulmani si affacciarono nel VII secolo portando la guerra, ma anche una stagione intensa di scambi
Le prime imbarcazioni apparvero all’orizzonte che era ancora il VII secolo. Pirati, scrissero le cronache del tempo, spesso specificando: mori e saraceni. Due termini quasi intercambiabili, ma che allora indicavano probabilmente due tipi di aggressori diversi: marinai dell’Africa settentrionale i primi, arabi i secondi. Musulmani tutti quanti. L’islam aveva appena cominciato la sua espansione e iniziava solo allora a incontrare il mare. Gli arabi lo chiamavano bahr nel suo senso più generico. Ma quello che divenne presto il mare per eccellenza fu l’Oceano Indiano, che era attraversato da grandi reti commerciali e che appariva ben più centrale rispetto ai domini califfali. Il Mediterraneo fu inizialmente uno spazio di guerra: prima le coste del Levante e dell’Africa settentrionale, poi la conquista della Spagna a partire dal 711 e infine la Sicilia nel IX secolo.
Per molto tempo, gli arabi chiamarono il Mediterraneo bahr al-rumi, «mare dei romani», non a caso. Ma da quei secoli di scontri, ne venne soprattutto un vasto spazio di scambio, a cui parteciparono non solo i musulmani, ma anche tanti cristiani ed ebrei che vivevano sotto dominio islamico; oltre che non pochi mercanti greci e latini: Venezia e Amalfi, giusto per fare due esempi importanti, si arricchirono anche grazie al Mediterraneo islamico. Una rete commerciale che andava dai porti di Sicilia ed Egitto sino ai lontani mercati del- l’India, trasportando spezie, tessuti e conoscenze. Un po’ lo riusciamo a immaginare quel mondo, grazie ai resoconti dei viaggiatori o alle mappe dei geografi: tutte orientate, secondo l’uso arabo, sempre con il sud in alto. Oggi agli storici appare sempre più chiaro che il Mediterraneo fu uno spazio di grande importanza per l’islam: uno spazio su cui i califfi misurarono il loro potere, con la guerra e la geografia, perché conquista e descrizione del mondo vanno sempre assieme: si veda su questo il recente volume di Christophe Picard Il mare dei califfi (Carocci).
Capitali mediterranee come Cordoba, Kairouan o il Cairo fecero sempre più concorrenza ai grandi centri del Levante, almeno fino a quando non cambiò il vento della storia. In quel mondo infatti giunsero non pochi conquistatori, dai Normanni sino a Federico II di Svevia, i quali di sicuro non amarono di anacronistica tolleranza i musulmani, ma seppero godere al meglio di tutto ciò che quella rete di legami politici ed economici offriva loro. Poi vennero altri stravolgimenti: le crociate, la reconquista cristiana nella Penisola iberica, i mongoli alla conquista dell’Asia; e il mondo islamico si divise in territori sempre più autonomi e spesso tra loro litigiosi.
Sull’Adriatico, nei Balcani, si affacciarono i nuovi eserciti dell’emirato turco degli Osmanlı (da cui Ottomani). Nel 1453 cadeva per mano loro l’ultimo lembo dell’impero millenario di Roma, Costantinopoli, e una nuova storia cominciava. I turchi erano musulmani ma erano giunti dalle steppe dell’Asia, portandosi dietro un’altra idea di mondo. Per loro, ad esempio, lo spazio era fatto di colori: il nord era nero, l’ovest bianco. Così non fu particolarmente strano che quel mare, che stava a occidente, dovesse chiamarsi Ak Deniz, cioè Mar Bianco.
Il Mediterraneo divenne nuovamente uno spazio conteso. Le coste d’Italia cominciarono a riempirsi di torri di guardia, mentre la paura del turco cresceva di anno in anno. Tra XVI e XVII secolo, gli eserciti si scontrarono spesso, con reciproche storie di brutalità e schiavitù. Nello stesso tempo pittori veneziani, medici ebrei, diplomatici francesi, mercanti fiorentini e genovesi si assiepavano nella nuova capitale ottomana di Costantinopoli, mentre mercanti e alti dignitari dell’impero turco viaggiavano tra i porti e le capitali cristiane. L’Oriente si fece più vicino di quanto forse non era mai stato. E se anche a Lepanto, nel 1571, si consumò infine una faticosa vittoria cristiana, le cose per il mare non cambiarono troppo: in bilico tra due oceani e ben tre continenti, il Mediterraneo islamico continuò a trascinare uomini, beni e conoscenze, attraverso spazi immensi. Una storia che a ben guardare può raccontare qualcosa anche al nostro faticoso presente.