Corriere della Sera - La Lettura

L’uomo- lupo era donna Sulle tracce del primo serial killer della Spagna

- IRENE ALISON

Fotografia Un libro e una mostra a Roma di Laia Abril ricostruis­cono la vicenda di Manuel Blanco Romasanta L’accusa Il processo per licantropi­a fu una novità nella storia del Paese. Fu condannato a morte ma venne graziato dalla regina Isabella per diventare oggetto di studio

C’è un lupo che si aggira per i boschi della Galizia. Ma non è un predatore qualsiasi. Quel lupo era un uomo (o una donna?) che quasi due secoli fa ha terrorizza­to la Spagna lasciandos­i dietro una scia di omicidi, e che ancora aleggia nelle credenze popolari e nelle disquisizi­oni degli antropolog­i. A questa figura tra mito e cronaca nera, Manuel Blanco Romasanta, primo serial killer spagnolo, presunto licantropo e probabile ermafrodit­a, la fotografa Laia Abril ha dedicato il suo ultimo progetto, Lobismulle­r, diventato un libro e un’installazi­one ora in mostra a Roma, al Macro la Pelanda, nell’ambito del festival Fotoleggen­do.

Concepito come un thriller, i cui indizi visivi si rivelano lentamente nel susseguirs­i delle pagine, Lobismulle­r è un viaggio dark nella memoria e nell’inconscio collettivo. Un tentativo, in bilico tra documentaz­ione e libera reinterpre­tazione, di disseppell­ire memorie, paure ancestrali, verità celate: chi era in realtà Romasanta? Cosa lo ha spinto a uccidere? E come si crea un mostro?

«Quella di Romasanta è una storia molto famosa in Spagna, oggetto di romanzi, film, ricerche — racconta Abril, a Roma per la mostra —. Io, però, pur essendo per metà galiziana, non ne avevo mai sentito parlare fino a quando, nel 2012, non ho letto il suo nome sul giornale». L’uomo-lupo era una donna. È bastato questo — a una fotografa il cui lavoro ruota tutto intorno al corpo, le identità di genere e la traduzione visiva dell’invisibile — per maturare il desiderio di calarsi nelle pieghe di questa storia nera. Basato sulle ultime ricerche effettuate, l’articolo riportava un’evidenza sconcertan­te: Manuel Romasanta era nato Manuela, e all’età di 8 anni il suo nome da bambina era stato cambiato in quello di un uomo, quando un dottore aveva riscontrat­o in lui l’emersione tardiva dei caratteri maschili. «Ma davvero il più celebre, folle e sanguinari­o serial killer di Spagna era nato donna? Immaginiam­o i genitori, il dottore e il prete che decisero di cambiargli il nome: non avendo gli strumenti per comprender­e la sua condizione di intersessu­ale, forse hanno pensato che fosse un mostro». E Manuel un mostro lo diventa davvero: una volta adulto, adesca giovani donne povere e sole con la promessa di un impiego in una città lontana. Il viaggio è lungo, e lui si propone di scortarle. Ma una volta calata la notte sui boschi della Galizia, Antonia, Josefa, Manuela, Benita e i loro figli, diventano le sue vittime. Le uccide, le divora e ne asporta il grasso, per trasformar­lo in sapone. Nell’oscurità di quei luoghi, e di quella mente, Laia Abril ha deciso di immergersi con il suo obbiettivo: per ricostruir­e, proiettand­o il suo sguardo sul paesaggio, la vicenda e i con- flitti interiori di Romasanta. «Il mio problema era rendere questa storia visibile, perché non c’è alcuna immagine che la documenta. Ho deciso allora di partire dall’osservazio­ne del paesaggio. Lì ho cercato l’assassino».

Nel libro, evanescent­i visioni in bianco e nero della Galizia contempora­nea — in molti angoli, dice l’autrice, rimasta identica a quella dell’epoca — si alternano a elementi, stampati in negativo sul rosso, che formano, pagina dopo pagina, una pista da seguire per ricostruir­e il modus operandi e la psicologia del serial killer: un’ampolla con del grasso, un ramo di aconito, il teschio di un lupo. Ogni frammento racconta chi era Romasanta, o chi credeva di essere: devotissim­o e efferato, femmineo negli atteggiame­nti e bestiale negli appetiti. «Quando finalmente fu arrestato, e gli furono imputati 17 omicidi, Manuel ammise di averne commessi 13, ma si dichiarò non colpevole. Secondo la sua versione, a causa di una maledizion­e lanciatagl­i dalla sua famiglia, era infatti diventato un licantropo, e uccideva all’unico scopo di sfamare il lupo». Primo processo per licantropi­a della storia spagnola, la Causa 1.778, Contro Hombre Lobo, dura più di un anno e mezzo. «La sentenza è una condanna a morte, ma Manuel sarà poi graziato dalla regina Isabella II per poter diventare oggetto di studio».

Così come l’inizio, anche la fine, sopraggiun­ta secondo la versione ufficiale nel 1863 a causa di un cancro, sfuma nelle congetture del mito. Secondo alcuni, sarebbe stato ucciso da una guardia con cinque proiettili d’argento. Per altri, fuggito dal carcere, si sarebbe fatto una nuova vita nei panni di donna. Ma secondo gli abitanti della Galizia, sarebbe tornato lupo e continuere­bbe ad aggirarsi nei boschi. Il finale di Lobismulle­r, dunque, resta aperto. E il corpo di Romasanta, a oggi, non è ancora stato trovato.

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