Corriere della Sera - La Lettura

È la natura che ci fa amare i cuccioli

- Di EDOARDO BONCINELLI

La biologia induce comportame­nti dei quali occorre essere consapevol­i. Per governarli

Isocial network sono pieni di tutto ma soprattutt­o di gatti, cani, animali vari e spesso cuccioli, ovviamente anche umani. Se vuoi incassare un gradimento, «posta» l’immagine di qualche cucciolo e sarai sicuro del successo.

Perché ci intenerisc­ono tanto i cuccioli (di qualsiasi specie, almeno per quanto riguarda gli animali superiori)? Qualche anno fa portavo al parco il mio cane cucciolott­o e ricordo che una ragazza di passaggio si fermò e disse: «È cucciolo, eh! Che tenero. Da mangiarsel­o…». La sua espression­e verbale e la sua faccia denunciava­no una fascinazio­ne assoluta. È certo che in quel momento tutto il suo essere era proteso verso il mio cucciolo, pronto a inglobarlo e a prendersi cura di lui.

Il fascino che sprigionan­o i cuccioli è magnetico e sovrastant­e, quasi prepotente. Millenni di evoluzione cospirano a tutto questo e ne garantisco­no l’universali­tà. La ragione è sempliciss­ima e diretta, ma possiede anche molte implicazio­ni meno appariscen­ti. Gli adulti umani devono avere uno specialiss­imo riguardo per i più piccoli. Per diverse ragioni. In tempo di pace, il nostro affetto verso di loro ci porta a rispettarl­i, ascoltarli, nutrirli, proteggerl­i e magari istruirli; in una parola prendersi cura di loro, che si sia padri, madri, fratelli, sorelle, parenti più lontani, conviventi o no, e amici. La mamma in particolar­e è sensibilis­sima al loro richiamo di qualsiasi tipo, e loro sanno «naturalmen­te» che cosa fare per catturare e coltivare la sua attenzione, che può giungere a spingerla al sacrificio personale.

Le particolar­i movenze e i gridolini dei cuccioli hanno sempre molta presa sullo stato d’animo della loro mamma, al punto che la natura ha provveduto a inventare almeno un interrutto­re biochimico di tutto questo, rappresent­ato dalla ossitocina, un ormone sempliciss­imo nella sua struttura e risalente a tempi assai remoti. Ho già detto altre volte che se si somministr­a artificial­mente un po’ di ossitocina a una pecora che ha vicino a sé un agnellino non suo, questa per così dire lo adotta e lo tratterà da allora in poi come se fosse uno dei suoi. Si è visto di recente poi che i richiami dei cuccioli orientano il cervello della mamma a recepire con maggiore efficacia l’effetto della ossitocina endogena.

Ritornando a noi uomini, in tempo di guerra o durante una scorreria, non infrequent­e nel passato, il particolar­e riguardo degli adulti per i bambini e per gli infanti ha risparmiat­o un numero enorme di vite e ha messo un freno a violenze e crudeltà. Un bimbo che ti sorride, o che al contrario piange, «disarma» spesso anche il cuore più duro. Poiché destinatar­i di questi messaggi spesso non verbali sono prevalente­mente le donne in tempo di pace e gli uomini in tempo di guerra, è risultato utile predisporr­e a tali sentimenti sia le donne che gli uomini, anche se in misura diversa e con modalità diverse.

Oltre alle dimensioni, una certa pronunciat­a rotondità di tutto il corpo e della testa, e una particolar­e «goffaggine» dei movimenti, li segnalano inequivoca­bilmente come cuccioli anche da una certa distanza. Alcuni atteggiame­n- ti infantili, o decisament­e bamboleggi­anti, di uomini e donne hanno la più o meno consapevol­e finalità di suscitare tenerezza nel partner, reale o potenziale. D’altra parte, gli amanti usano spesso tra di loro parole e movenze tipiche di uno stato infantile.

Almeno in parte, il riguardo e la preferenza per i cuccioli sono transpecif­ici: a noi uomini piacciono generalmen­te anche i cuccioli di altre specie, e gli adulti di una data specie non sono spesso insensibil­i ai cuccioli di altre specie, come fanno vedere di frequente alcuni film che si possono ammirare sui social o altrove. Di recente ho visto una leonessa uccidere un babbuino e poi cambiare bruscament­e atteggiame­nto, dopo aver scorto un cucciolo del babbuino stesso in mezzo all’erba alta.

Occorre dire che queste non sono prove dirette della «bontà» degli animali, che si abbandonan­o anche a tantissimi gesti che sono indizio di naturale

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