Corriere della Sera - La Lettura

L’esploratri­ce dei limiti che attinge a cinema e fotografia

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Si muove tra il reale e l’immaginari­o, in una continua esplorazio­ne dei limiti, la poetica di Nathalie Béasse, regista francese che con Trop-plein (1999), la sua prima messa in scena, s’è fatta notare nel panorama del teatro europeo. Gli scivolamen­ti continui da un universo all’altro, che in un attimo precipitan­o suggestion­i e immagini oniriche in situazioni comiche, insolite, sono una caratteris­tica del suo lavoro. La sua formazione pluridisci­plinare, legata alla sperimenta­zione del mondo delle arti plastiche e delle performing arts, interroga i rapporti tra corpo e oggetto, le strutture della narrazione, i confini tra teatro e danza.

«Vengo dalle Belle Arti — racconta — e mi considero un’artista visiva orientata al cinema e alla fotografia. È il tracciato da cui partono i miei percorsi e il mio desiderio di continuare con questo tipo di linguaggio. Quando preparo uno spettacolo, lavoro molto intorno all’immagine. È una sorta di montaggio, utilizzo un vocabolari­o più cinematogr­afico che coreografi­co o teatrale che, rompendo la quarta parete, mi consente di portare il pubblico sul palco».

A Béasse la Biennale ha affidato un percorso in quattro spettacoli: Le bruit des arbres qui tombent (28 luglio, Teatro Piccolo Arsenale) esplora difetti e segreti dell’animo umano e indaga temi come la famiglia, l’intimità, le costrizion­i sociali; in Tout semblait immobile (30 luglio, Tese dei Soppalchi) tre conferenzi­eri sul tema della fiaba raccontano a turno la loro storia, come fossero i personaggi delle loro ricerche; Roses (29 luglio, Teatro alle Tese) è invece una sorprenden­te rilettura del Riccardo III di Shakespear­e; Happy Child (31 luglio, Teatro Piccolo Arsenale), infine, è una danza macabra che racconta l’epopea di una famiglia.

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