Latitudes

CAMPANILE PADANO

- Testo di Graziella Leporati Foto di Lucio Rossi

Alle porte di Milano, la piccola Lodi difende con garbo e orgoglio il suo essere centro minore. Il borgo autentico, vivace, perfettame­nte curato, la campagna ordinata e la buona tavola: qui la pianura non è piatta.

In autunno, quando le prime nebbie di memoria “guareschia­na” rendono più ovattati i rumori e più delicati i colori, una giornata a Lodi col naso in aria diventa un’opportunit­à per scoprire il fascino padano dei tetti rossi che piacevano tanto alla poetessa Ada Negri, lodigiana di nascita, dei balconi sulle piazze, dei mercati e delle “cascine del centro” che vivono all’ombra di Piazza della Vittoria, o del Duomo. E’ il “salotto buono” allungato sulla pavimentaz­ione grigia di ciottoli fluviali che ricordano l’origine settecente­sca della piazza, quando era necessario pensare all’aggiunta di strisce di granito, per permettere ai veicoli dell’epoca di procedere in modo agevole.

Fra portici e loggiati che ornano tutti i quattro lati della piazza a pianta romboidale, spunta la facciata romanica in cotto del maestoso Duomo in cui si vedono anche elementi gotici e rinascimen­tali, quasi protetta dalla mole imponente del campanile. Sul portale della facciata, due leoni che reggono due colonne. accolgono il visitatore curioso All’interno si aprono tre navate, arricchite con tele ed affreschi di varie epoche, mentre scendendo nella cripta, si può scoprire l’urna contenente le reliquie del patrono della città, Bassiano, e il gruppo ligneo della Pietà del XV secolo.

Si dice che il passato di Lodi porti il nome del Barbarossa e il presente quello di Renzo Piano. Infatti l’imperatore Federico ricostruì la città, rasa al suolo dai milanesi, nel 1158. Al centro della piana agricola e boschiva del Parco dell’Adda Sud, Lodi è risorta e cresciuta nei secoli. Il suo cuore Liberty è testimonia­to da Casa Biancardi, Casa degli Angeli, l’Autorimess­a Fiat di via Solferino e Casa Arosio con le sue vetrate colorate. I balconi e le cancellate rimandano all’Ottocento. E il presente è rappresent­ato da Renzo Piano che ha trasformat­o lo spazio di una banca privata come spazio di condivisio­ne, con auditorium e piazza coperta.

Sicurament­e comunque lo scenario dell’intera piazza del Duomo è qualcosa di unico. Sul lato sinistro, si staglia la facciata neoclassic­a del Broletto, ricostruzi­one settecente­sca di un impianto medievale del Duecento, oggi sede del Municipio cittadino. Mentre sul lato sud, lo sguardo del visitatore è attirato da Palazzo Vistarini, dimora castellata del XIV sec. che, nel lato verso corso Vittorio Emanuele, si trasforma nel settecente­sco Palazzo Barni dalla inequivoca­bile fisionomia neoclassic­a. Ma la passeggiat­a a Lodi ha ancora altre mete imperdibil­i. Fatti pochi passi si incontra il quattrocen­tesco Tempio Civico di Santa Maria Incoronata, un impianto ottagonale in mattoni progettato da Battaggio, allievo del Bramante, e voluto nel 1487 dai

cittadini di Lodi per celebrare un miracolo. All’interno, tra dorature e affreschi, tavole dipinte e marmi, è custodito uno scrigno rinascimen­tale che raccoglie opere dal Quattrocen­to all’Ottocento, in cui spicca la mano del Bergognone. La storia racconta che nel Quattrocen­to, una casa di tolleranza nella contrada de’ Lomellini - oggi via Incoronata - presentava sulla facciata un affresco dell’immagine della Madonna. Secondo la tradizione, nel settembre del 1487, durante una rissa, l’effigie della Madonna lacrimò e invitò coloro che erano presenti in quel momento ad erigere su quel luogo un tempio a lei dedicato, il Tempio dell’Incoronata, che i cittadini lodigiani costruiron­o con il contributo di tutte le classi sociali.

Da qui l’appellativ­o dato al Santuario di “Tempio civico”, cioè voluto dalla cittadinan­za, che risulta essere una tra le costruzion­i più belle del Rinascimen­to lombardo. Altro edificio che merita una visita è Palazzo Mozzanica, conosciuto anche con il nome di Palazzo Varesi. Voluto dal conte Lorenzo Mozzanica nel XV secolo, è sortosulle fondamenta di un precedente edificio gotico. Il progetto della riqualific­azione in stile rinascimen­tale fu affidato a Giovanni Battagio, lo stesso che si occupò del Tempio dell’Incoronata. Il Palazzo Mozzanica si innalza intorno ad un cortile rettangola­re interno caratteriz­zato dalla presenza di un porticato con colonne dotate di capitelli ionici e chiuso sul fondo dallo scalone d’onore d’epoca settecente­sca.

La facciata è in stile bramantesc­o e rinascimen­tale, mentre il portale in pietra d’Angera situato nella parte sinistra della facciata e accompagna­to da due colonne a candelabro è decorato con bassorilie­vi floreali. Quattro medaglie sforzesche ornano l’ingresso e sullo spigolo dell’edificio spicca un grande stemma marmoreo. La vera regina dell’architettu­ra è però sempre la natura. E allora via verso l’Adda, oltre il ponte, per ammirare la Cattedrale Vegetale, opera di Art in nature che Giuliano Mauri, scomparso nel 2009, aveva pensato per la sua città.

sfoglie che si sciolgono letteralme­nte in bocca. Il Pannerone, invece, è un formaggio grasso a pasta molle che si accompagna bene alle mostarde e al miele. Come dolce, si può provare la Tortionata, una torta friabile a base di mandorle e burro. Oppure gli amaretti di Sant’Angelo, prodotti di una ricetta che risale ad inizio Ottocento. Per ogni portata c’è un vino giusto da abbinare, e il miglior modo per conoscerli è percorrere la Strada del Vino San Colombano e dei Sapori Lodigiani.

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