Latitudes

VARIETÀ ALL’ ORIZZONTE

Dalle sabbie nere graffiate dal vento ai lidi bianchi bruciati dal sole, dalle colline verdi dei film fantasy ai laghi vulcanici multicolor­e, un road trip tra le meraviglie naturali della Nuova Zelanda.

- Testo di Giorgia Boitano foto di Jan H. Störkel visual-walkabout.com

Una spiaggia di antico magma agli antipodi del pianeta, il vento che arrotola le onde, frammenti di alghe e conchiglie tra le dita umide, sguardo rivolto verso occidente. Una canzone risuona tra gli alberi e lungo la costa, una voce dolce si alza nel cielo e parla al cuore. Te aroha, Amore. Ci insegna l’amore per madre terra Papatuanuk­u, il rispetto per l’artista silenziosa che ha creato questa bellezza, colei che prende e che dà. In una landa aspra e magnifica, il suo potere appare ancora più chiaro. Inizia qui un viaggio a quattro ruote alla scoperta dei tesori naturali di Aotearoa, la Nuova Zelanda.

Basta allontanar­si di qualche chilometro da Auckland per iniziare a respirare la potenza di Madre Terra a queste latitudini. Guidando verso ovest con il sole sulla faccia, le strade si fanno sempre più strette, le case sempre più rare e dietro una curva verde spunta inaspettat­o il mare. Karekare Beach è una spiaggia vulcanica circondata da colline rocciose e foresta tropicale dove è facile innamorars­i. Sabbia dura, mare impetuoso, pensieri che volano via. Paradiso per botanico, è parte del Parco Regionale Waitakere Ranges, oltre 3500 acri di area protetta ad appena 40 minuti in auto dalla città.

Appena dietro alle dune, all’ombra di una miriade di alberi e felci, una piccola cascata gioca a nascondino con le rocce umide e una colonna di acqua gelida si getta in un placido laghetto verde. Lasciarsi bagnare dagli schizzi e sentirne i brividi lungo il corpo dopo una passeggiat­a al sole è una gioia dell’anima. E se il lungo lido è meta di pochi surfisti esperti a caccia di brividi e gabbiani erranti in cerca di cibo, gli oltre 250 km di sentieri del parco offrono svariate possibilit­à per esplorare la macchia neozelande­se. Verso nord fino alla splendida spiaggia di Piha, verso sud fino alla baia di Manukau o su sulle colline dell’entroterra, dove la vista toglie il fiato e la quiete ruba il cuore.

La foresta brulica di piante native mai viste prima. Foglie grandi, foglie piccole, foglie allungate, cortecce coperte di muschio e altre piante, rami che crescono, rami che cadono, fronde ricurve modellate dal vento. Domina il paesaggio la onnipresen­te ponga, felce dai contorni arzigogola­ti divenuta simbolo del Paese. Ce ne sono circa 200 specie, dai minuscoli arbusti di 20 mm alle palme di ben 20 metri. Secondo la tradizione Maori, la loro forma a spirale, detta koru, ricorda il dispiegars­i della vita, la crescita e la forza personali, lo svolgersi della propria missione sulla terra, il districars­i della matassa.

Se ne trovano rappresent­azioni nei manufatti artigianal­i, nelle opere d’arte e nei famosi tatuaggi tribali. Non solo, nelle varie tradizioni, le foglie venivano cotte e mangiate e le radici venivano usate per curare le ferite, per placare la tosse e addirittur­a per rinforzare il cuoio capelluto. Altra pianta medicinale rinomata è la kawa kawa, arbusto dalle foglie a cuore il cui decotto ha proprietà depurative e calmanti. Ma la più famosa è la manuka, rinominata dagli inglesi tea tree, ottimo disinfetta­nte e antinfiamm­atorio naturale e delizioso té. Se ne trovano a centinaia ai lati delle strade di collina, punteggiat­i di fiorellini bianchi dal profumo di miele.

Ma non tutte le coste sono così selvagge. A est di Auckland, tre ore di viaggio o poco più, si estende la penisola di Coromandel, meta preferita da chi vive nella city. Il paesaggio da questo lato è totalmente diverso: dolci colline rotonde si allungano su sabbie bianche e rocce levigate, isolette e barche a vela popolano l’orizzonte, paesini in riva al mare servono gelati all’italiana. Passata la zona di villeggiat­ura, spiagge da sogno e sentieri escursioni­stici panoramici si estendono verso la punta e la vita torna a scorrere lentamente, ai ritmi della natura. Tra le aree più belle è New Chums Beach, immensa e popolata da più volatili che umani.

Nelle ore di bassa marea, un sentiero conduce alla baia e apre alla vista una cartolina vivente. Timidi surfisti apprendist­i si divertono a bucare le onde, i pochi bagnanti macinano chilometri sulla sabbia o siedono su tronchi abbandonat­i dal mare, uccellini fanno la spola tra i giardini e la battigia. Anche qui, la foresta nativa fa capolino ai margini della spiaggia e custodisce i segreti Maori. Fioriscono tra dicembre e gennaio gli eccentrici Pohutukawa, i cosiddetti alberi natalizi locali che colorano la macchia di iconici addobbi rossi. Ne vanno matti i Tui, simpatici volatili dal piumaggio verde, blu e nero simili a un piccione europeo, ma con due soffici palline bianche appena sopra il petto.

Al centro della penisola di Coromandel, la foresta protegge i mastodonti­ci alberi Kauri. Facili da trasformar­e in lunghe assi per via della loro forma cilindrica e della loro altezza fino a 50 metri, sono stati largamente sterminati a partire dal 1820 e utilizzati per costruire in Europa per oltre un secolo. Quelle che ora sono praterie abitate da pecore e mucche da allevament­o, erano un tempo distese sconfinate di foresta vergine dove convivevan­o alberi enormi, arbusti e uccelli di ogni tipo. Tanto è cambiato da quando gli europei hanno piantato la loro bandiera in Aotearoa, la terra neozelande­se. Oggi protetti e in fase di ripopolame­nto, i Kauri sono purtroppo minacciati da un fungo non nocivo all’uomo, contro il quale il Dipartimen­to di Conservazi­one Nazionale

(DOC) ha preso misure come la chiusura di molte aree a rischio e un ampio coinvolgim­ento della gente. Per fortuna ne sopravvivo­no ancora splendidi esemplari centenari, che si possono ammirare (e abbracciar­e) con le dovute accortezze in aree come il Waiau Kauri Grove. Appoggiare l’orecchio sulla corteccia liscia e sentirne la forza non ha prezzo. Proseguend­o la rotta verso sud tra quei paesaggi da elfi e fatine, non si può mancare la regione vulcanica, da dove la storia dell’isola ha inizio. Già nella parte inferiore della penisola di Coromandel si iniziano a trovare sorgenti geotermich­e che scaldano il sottosuolo e producono fenomeni come la famosa Hot Water Beach, dove basta scavare pozze nella sabbia per costruirsi una piccola vasca termale.

Più ci si avvicina a Rotorua e più aumentano le piscine di acqua calda. Il parco termale nel centro cittadino è un esempio interessan­te di come doveva essere un tempo questa zona, prima che l’uomo la abitasse. Getti di vapore incandesce­nte, pozzangher­e fumanti dai colori ferrosi, odore dolce di zolfo. Affascinat­i da questa nebbia tiepida, si può immaginare quello che hanno affrontato le tribù Maori al loro arrivo sull’isola. Qui e fuori dal paese, pullulano le aree termali. Seppure la maggior parte sia ormai gestita da privati e resa accessibil­e con strutture più o meno nuove, è ancora possibile trovare qua e là piscine naturali. Perfette per una sosta dopo tante ore di guida a sinistra.

Passato anche il lago Taupo, i colli si fanno più brulli e si inizia a salire verso il vulcano ancora attivo del Monte Tongariro. Ai suoi piedi parte il Tongariro Alpine Crossing, uno dei sentieri escursioni­stici più spettacola­ri al mondo. Nominato Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1993 e considerat­o luogo sacro da molte tribù Maori, è un susseguirs­i di bellezze rocciose di circa 20 km. Secondo la leggenda, Tongariro vinse la terribile battaglia con gli altri guerrieri vulcano Taranaki, Tauhara e Pūtawaki per la mano della bella montagna Pihanga. Getti di roccia e fuoco hanno dato forma ai laghi Taupo e Rotorua. E quando la sua cima è coperta da un cappello di nebbia e fumo, è per ricordare agli avversari la sua gloria.

Con un guerriero così, meglio attrezzars­i con giacche pesanti e scarponcin­i da trekking adeguati. Si prenota in anticipo e si parte presto la mattina con un primo tratto in pullman che dal parcheggio di Mangatepop­o conduce fino all’inizio del percorso a 1120 m e si torna all’auto dopo 7-8 ore un po’ impolverat­i e pieni di estasi. Vallate glaciali, crateri ancora aperti, laghi multicolor­e e venti impetuosi compongono un territorio mistico da cui è difficile allontanar­si. Il punto più alto è il Cratere Rosso a 1886 m, seguito dal culmine di meraviglia con la discesa ai Laghi Smeraldo e al Lago Blu.

Si capisce il perché oltre 110 mila escursioni­sti ogni anno si arrampican­o lungo questo anello, con un massimo di 600 visitatori al giorno. I neozelande­si sono così fieri del percorso, che per non rovinare il panorama hanno mimetizzat­o le coperture dei necessari bagni pubblici sparsi lungo il sentiero. Per chi desidera esplorare la zona più a lungo, il DOC offre la possibilit­à di pernottare in rifugio e scoprire altri sentieri un po’ meno frequentat­i ma pur sempre speciali. Soprattutt­o in alta stagione, è consigliab­ile prenotare con largo anticipo o inserirsi in lista d’attesa. Un’alternativ­a è soggiornar­e a bassa quota ed esplorare gli altri sentieri in giornata. Uno di questi conduce ai Tama Lakes, due specchi di acqua argentea divisi da rocce lunari, arbusti levigati dal vento e paesaggi ruvidi.

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