Il Paese del CARNEVALE
Venezia, Viareggio, Cento, macché! È il carnevale di Ronciglione quello da non perdere quest’anno. Di recente inserito tra i carnevali storici italiani anima le vie di questo borgo rinascimentale in provincia di Viterbo tra parate, musica e un tripudio di
In provincia di Viterbo, a circa 50 km a nord di Roma e ad appena due dal lago di Vico, Ronciglione è anche noto come il Paese del Carnevale. Il piccolo centro nei monti Cimini, già territorio dell’antico Stato Pontificio, ha una documentata tradizione carnevalesca ultrasecolare che si rifà a quella barocca romana. Quello di Ronciglione è da sempre la manifestazione in maschera di riferimento per l’intero territorio della Tuscia e nel corso della sua evoluzione, la sua fama ha valicato i confini locali, tanto che da alcuni anni, è annoverato tra i dieci carnevali più importanti d’Italia e da quest’anno ha ottenuto anche il riconoscimento del Ministero per i Beni e le attività culturali che lo ha inserito, con proprio decreto, nell’elenco dei Carnevali storici italiani.
Un carnevale che ha una fortissima connotazione popolare dove carri allegorici, costumi e allestimenti, sono realizzati artigianalmente da sarte e maestranze locali. Molte case e garage nei mesi precedenti il carnevale, si trasformano quindi in laboratori artigianali, dove tessuti e paillettes si mescolano a odori e attività domestiche quotidiane. L’intera manifestazione è particolarmente attesa e sentita da cittadini e turisti che prendono posto ai lati del percorso che si snoda tra le vie rinascimentali del borgo, per ammirare i carri allegorici e i gruppi mascherati che danno vita al tradizionale Corso di Gala delle domeniche.
Costumi ricchi ed eleganti oppure maschere scanzonate e grottesche in un tourbillon di coriandoli, colori, allegria, bande folkloristiche e saltarelli (girotondi in musica) a cui partecipa spesso anche il pubblico che diventa a sua volta protagonista e non solo semplice spettatore. Ma il carnevale di Ronciglione non è solo il corso di gala con carri e mascherate come avviene nella maggior parte dei centri italiani. Nell’ultima settimana del carnevale, quella cosiddetta grassa che richiama moltissimi spettatori, ogni giornata è caratterizzata da una serie di diverse manifestazioni allegoriche, gastronomiche e dai riferimenti storici, come la celebre cavalcata degli Ussari.
Di quest’ultima la tradizione narra che alla fine del ‘700, durante la permanenza in paese delle truppe francesi lì stanziate a difesa dello Stato Pontificio, un capitano degli ussari, nel periodo di carnevale, per pavoneggiarsi agli occhi di una dama della quale si era invaghito, cavalcò più volte alla testa di un drappello di suoi soldati, lungo la salita principale del centro abitato. Questa singolare parata viene da allora proposta tutti gli anni da figuranti con uniformi d’epoca, all’inizio delle manifestazioni del giorno, riscuotendo grande successo dal pubblico assiepato dietro le transenne. E nonostante i cambiamenti sociali e di relazione che coinvolgono soprattutto le
giovani generazioni, il carnevale di Ronciglione ha alcune tipicità che sembrano non risentire di tali mutamenti. E così ad esempio, s’inizia con il giovedì grasso dedicato proprio ai bambini che fin dalla tenera età sfilano in gruppi organizzati a tema e accompagnati spesso dalle maestre delle classi che frequentano. Compresi i bimbi della materna. Il sabato è invece dedicato alla gastronomia con prodotti del territorio e della cucina contadina tradizionale. Al pubblico vengono offerti fagioli in umido; polenta e fregnacce (una specie di crepes arrotolata e condita con zucchero, pecorino e cannella). Tutto rigorosamente in maschera!
Ma il clou si raggiunge il lunedì del Carnevale, quando la giornata è appannaggio della maschera tradizionale ronciglionese: Nasorosso! Un buontempone dalla battuta pronta; ironico; irriverente e “adoratore di Bacco”. “Una maschera insolita ed enigmatica che il lunedì di carnevale di ogni anno (dal 1900) diventa la maschera di tutti i ronciglionesi e da vita a quel singolare rituale detto ‘la pitalata’. Vestiti con un bianco camicione e berretto da notte, i Nasi Rossi calano come un esercito sulla piazza, cantano un inno al vino, rincorrono gli spettatori, salgono con scale sui balconi, entrano nelle case per offrire sadicamente i maccheroni (rigatoni – n.d.r.) che tengono ben caldi in un vaso da notte... Una singolare figura di
ubriacone che sale dal mondo sotterraneo delle cantine per portare abbondanza di cibo...” (Prof. Luciano Mariti – già ordinario di Discipline dello spettacolo alla Sapienza di Roma). In realtà è opportuno precisare che i pitali (o vasi da notte) sono delle ceramiche decorate, nuove e fatte appositamente per i Nasirossi da maestri ceramisti del centro Italia che dell’originario vaso sanitario riproducono le fattezze per suscitare beffardamente un’iniziale repulsione a chi non conosce questa tradizione. Sono riempiti con la pastasciutta riccamente condita di ragù di carne e spolverati abbondantemente di parmigiano e pecorino, per essere poi offerti ancora ben caldi, ai presenti nella piazza principale del paese.
Verso sera, dopo le manifestazioni da programma, la banda cittadina intrattiene ancora il pubblico con musica dal vivo per il già citato saltarello cui senza distinzioni di età, sesso e condizioni, partecipano festanti e con spirito di condivisione, i presenti in piazza. Questo è uno dei momenti di partecipazione collettiva cui difficilmente si sottraggono anche i turisti che liberano la loro energia con allegria.
Il tutto termina la sera del martedì grasso con un singolare funerale al Re Carnevale, il cui fantoccio, dopo aver percorso le vie cittadine scortato da un corteo provvisto di fiaccole e a cui tutti possono partecipare, viene appeso ad una mongolfiera gonfiata in piazza a fiamma viva e lasciata libera in cielo. L’antica tradizione agreste interpreta il volo alto e regolare della mongolfiera, come buon auspicio di prosperità per i futuri raccolti. Confidando in un pronto ritorno del Re folle e burlone!