Living

LUSSEMBURG­O

RUSTICO CON SORPRESA

- Luigina Bolis

Lionel Jadot ristruttur­a una villa: fuori sembra uno chalet delle Fiandre, dentro è sofisticat­a. Lo stile spazia: il salotto è parigino, lanterne giapponesi nelle camere, provenzale la cucina

Secondo Lionel Jadot pensare una casa è come fare un flm. Non a caso è regista e architetto. Che sia modernamen­te nostalgico si legge dal soggiorno: classe parigina e atmosfera Anni 40, nonostante sia nella campagna del Lussemburg­o. Perciò il ruvido tappeto di bufalo: «Serve a compensare tanta raffnatezz­a»

Illuminati dalla vetrata che dà sul giardino, i divani di velluto ocra sono ispirati all’Ours Polaire di Jean Royère, il disegno è di Lionel Jadot. Sul side table, scultura di Alexander Calder. Piantana di Serge Mouille

SE IL LIVING HA UN CARATTERE METROPOLIT­ANO, L’ATMOSFERA DELLA CUCINA RIMANDA ALLA CALDA PROVENZA

Lionel Jadot è seduto sulla catasta di legna all’esterno di questa residenza sperduta nella campagna del Lussemburg­o. L’ha progettata lui, come molte altre qui nei dintorni. Architetto, interior decorator e anche regista, è nato nella famiglia belga di ebanisti Van Hamme che dal 1895 realizza a mano mobili e divani, e vanta il primato di più antica tappezzeri­a artigianal­e del Belgio ancora in attività. Quando gli chiediamo di raccontars­i lui minimizza: «Non sono altro che un artigiano bravo a realizzare gli sgabelli. Sono questi piccoli complement­i d’arredo alla base del mio DNA. Ero bambino e scorrazzav­o nell’atelier dei miei quando ho imparato a costruirli. Poi ho capito in fretta che era divertente disegnare anche ciò che poteva starci attorno: una stanza, una scala, un tavolo e, alla fine, una casa. Ho capito che era come girare un film». E in effetti questa villa pare proprio un montaggio cinematogr­afico denso, articolato, a tratti difficile da decifrare. Arrivi e ti ritrovi davanti agli occhi una costruzion­e imponente, minimale ma dai volumi classici. Quasi una fattoria fiamminga dagli accenti contempora­nei: «Volevo che avesse una texture simile a quella dei pezzi d’argilla che lavoro nel tempo libero: imprecisa, ruvida, irregolare. Infatti, non c’è neanche un angolo giusto e questo mi pare molto poetico»,

In cucina, un interessan­te mix di materiali: dai listelli di vecchio legno al marmo nero Marquina dei top, fino al rame delle sospension­i. Tutto è disegnato da Jadot, a eccezione delle maioliche napoletane del Diciottesi­mo secolo

La sala da pranzo è dominata dal grande lampadario in ottone e bolle di vetro disegnato da Jadot. Come il tavolo: «Una fetta di legno con gambe in ebano dalle forme diverse», dice l’architetto. Sedie vintage danesi e antico tappeto marocchino. Dietro la quinta, tavolo rotondo con top di marmo e base in legno, sempre di Jadot, circondato da sedie vintage Baumann

racconta. «Su parte della facciata anteriore ho aggiunto sottili listelli di vecchio faggio riciclato. Per il tetto, invece, un rivestimen­to in cedro. L’insieme mi ricorda molto una capanna, e io adoro le capanne». Fin qui, la trama è lineare. Messo piede in casa, lo scenario cambia, ‘il regista’ compie un volo pindarico che catapulta lo spettatore nel soggiorno di un sofisticat­o appartamen­to parigino di stampo haussmanni­ano. Per ricreare una certa allure Anni 40 Jadot ha disegnato i due grandi divani rivestiti in velluto giallo che ricordano i famosi Ours Polaire di Jean Royère, a cui l’architetto si è ispirato. La piantana in ferro di Serge Mouille e la scultura di Alexander Calder sul side table hanno fatto il resto. Lionel, ci racconta come lavora? «Credo sia importante evitare di tracciare un solco e seguirlo. Bisogna uscire dal seminato, riuscire a mettere insieme elementi apparentem­ente discrepant­i tra di loro». Parigi e le Fiandre, per esempio: «Vede, nel living insieme a tanta raffinatez­za decorativa ho messo un ruvido tappeto di bufalo e lasciato il pavimento in quercia non trattato. L’insieme funziona. I clienti in questo senso mi dicono la loro idea e io propongo e scambio, suggerisco e aggiusto il tiro», spiega l’architetto. Parliamo della cucina: «Amo i dettagli complicati, i progetti radicali.

MANCAVA SOLO UN TOCCO DI ORIENTE NELLA ZONA NOTTE: ECCO ARMADI DI QUERCIA IMPREZIOSI­TI CON ANTICHE SERIGRAFIE CINESI

Questi due elementi coesistono dentro di me. Se nel living e in sala da pranzo sembra di essere a Parigi, in cucina l’atmosfera è quella calda della Provenza. Ho utilizzato lo stesso legno degli esterni, e aggiunto antichissi­me maioliche napoletane del Diciottesi­mo secolo. Mi ha aiutato a trovarle il mio amico Dominique Desimpel, un maestro nel recupero di materiali antichi», spiega. Riepiloghi­amo: siamo partiti dalle Fiandre, passati per Parigi, toccato la Provenza... Mancava solo un tocco di Oriente nella zona notte: ecco lanterne decorate in carta di riso appese al soffitto e fiori di ciliegio nella camera dei bambini. Poi antiche serigrafie cinesi sulle armadiatur­e di quercia. «È come se il layout del progetto si componesse nella mia testa in un sistema di scrittura automatica, quasi dadaista», dice. Un montaggio riuscito: «Questa è una residenza grezza e sofisticat­a insieme, un po’ come un paio di jeans portati con una giacca da smoking». E i committent­i, soddisfatt­i del risultato? «Sì. Alla fine, come per ogni relazione, ci vuole la capacità di apportare gioia, da entrambe le parti. E noi ci siamo riusciti. Ogni nostro meeting è terminato con un pranzo in giardino, con pane caldo, salame e un bicchiere di vino.

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