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HO DISEGNATO SULLA PELLE DEI MURI. PER QUESTO GLI AFFRESCHI SONO LINEARI, COME TATUAGGI

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Jean Cocteau «Quando sono stato a Santo Sospir nell’estate del 1950 ho decorato un muro», ricorda Jean Cocteau. «Ma Henri Matisse sosteneva che quando dipingi una parete, poi dipingi anche le altre. E aveva ragione». Nei sei mesi successivi, a partire da quel primo intervento, il grande poeta e artista francese ha segnato con il suo tratto inconfondi­bile tutte le stanze della villa, senza lasciare spazi vuoti nemmeno su porte, arredi e paralumi. «Ho disegnato sulla pelle della casa, come un tattoo», dice Cocteau. Per questo le linee sono marcate e hanno pochi colori: più che affreschi, devono somigliare a tatuaggi. La mecenate Francine Weisweille­r incontra Jean Cocteau nel 1949, sul set del suo film Les enfants terribles, a Parigi. Il marito, Alec Weisweille­r, le aveva promesso che se fossero sopravviss­uti agli orrori della Seconda guerra mondiale, le avrebbe regalato la casa dei suoi sogni. Ed è qui, nella Villa Santo Sospir di Saint-Jean-CapFerrat, che Francine invita quello che sarebbe stato suo gradito ospite e amico carissimo fino al 1962. Il primo disegno realizzato rappresent­a il mito del sole: una testa di Apollo fiammeggia­nte troneggia sopra il caminetto del salone. Ai suoi lati, i due sacerdoti del culto greco sono in realtà pescatori del vicino villaggio di Villefranc­he. All’angolo della parete, la padrona di casa dorme sdraiata al sole, la testa appoggiata sull’angolo della porta. Ai suoi piedi una merenda veloce: ricci di mare e pane fougasse, tipico della zona. Gli arredi della casa sono

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