A MANO LIBERA
MICHELANGELO FOUNDATION TRASFORMA L’ISOLA VENEZIANA DI SAN GIORGIO IN UNA SPETTACOLARE BOTTEGA APERTA AL PUBBLICO PER CELEBRARE L’ALTO ARTIGIANATO EUROPEO. DAL RESTAURATORE DI FERRARI ALLA TATUATRICE CHE DECORA VETRATE ARTISTICHE
«Le mani saranno sempre in grado di fare meglio delle macchine. E più digitali diventano le nostre vite, più analogici saranno i nostri sogni», afferma Alberto Cavalli, co-direttore esecutivo di Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship. Dal 14 al 30 settembre l’istituto ginevrino (in collaborazione con Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, Fondation Bettencourt-Schueller, Fondazione Giorgio Cini e Triennale di Milano) porta negli spazi della Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia Homo Faber, la più grande e ambiziosa mostra sui mestieri d’arte mai realizzata. Un percorso in quattordici tappe per esplorare le diverse dimensioni dell’artigianato artistico, dai mestieri rari e antichi alle tecniche più innovative e contemporanee. «Vogliamo rivolgerci soprattutto alle nuove generazioni, che crescono in un mondo filtrato da smartphone e tablet. Saranno loro a ereditare questo ricchissimo patrimonio culturale». Per intercettare il linguaggio dei giovani, quindi, non solo mostre curate da esperti di fama mondiale e laboratori dove osservare i maestri al lavoro, ma anche rassegne fotografiche, video-
installazioni ed esperienze con la realtà aumentata. È un assistente virtuale, infatti, a guidare gli ospiti nella sezione dedicata ai Talenti Rari, un invito a riflettere su cosa sia davvero raro e prezioso al giorno d’oggi. La risposta è nei filmati del regista svizzero Thibault Vallotton con protagonisti dodici ragazzi che nel Ventunesimo secolo hanno preferito la via del lavoro di bottega: la tatuatrice lituana Izabela Kovalevskaja, per esempio, presta il suo talento alla vetreria artistica o l’inglese Peter Bellerby, nell’era di Google Maps, dipinge a mano mappamondi. Dal passaggio di testimone ai Millennials, alla riscoperta delle antiche eccellenze europee. Sono ben 180 le creazioni selezionate dal gallerista Jean Blanchaert. Raccolte in uno spazio allestito da Stefano Boeri, testimoniano il dialogo stretto tra le discipline («un artigianato così bello da diventare arte e un’arte che non dimentica la dimensione artigianale») e una specificità territoriale unica al mondo («in Europa, ogni 50 km troviamo accenti, vino e cibo diversi. Allo stesso modo variano le tecniche e le tradizioni artigiane»). E in tema di dialogo tra design e artigianato, non poteva mancare uno spazio dedicato a Doppia Firma, la mostra-evento realizzata da Living, Fondazione Cologni e Michelangelo Foundation, che quest’anno ha messo in relazione 13 designer di fama internazionale con altrettanti artigiani del Veneto per dare vita a una collezione di oggetti unici e innovativi,
con tecniche che spaziano dal merletto alla foglia oro. Guardare va bene ma partecipare è meglio. I laboratori aperti al pubblico di Homo Faber sono un’occasione unica per ‘toccare con mano’ l’abilità degli artigiani: gli artisti di Open Care impegnati nel restauro di cinque opere d’arte antica e contemporanea, inclusa una poltrona in poliuretano espanso di Gaetano Pesce. Oppure le venti botteghe scelte dall’elenco dei mestieri d’arte dell’Institut National des Métiers d’Art, che lavorano a stretto contatto con le grandi maison del lusso: i decoratori del vetro di Venini, le velatrici di Santoni, i molatori di lame della coltelleria Lorenzi, fino ai tessitori di Robert Four in mostra con un arazzo disegnato dal grafico francese Pierre Marie. O ancora i maestri che dimostrano in tempo reale come sellare biciclette e ciclomotori o restaurare una Ferrari. Tante voci diverse per ribadire che l’artigianato è più vivo e attuale che mai. Lo conferma anche l’architetto Michele De Lucchi – instancabile homo faber egli stesso – che ha invitato otto designer affermati a presentare un lavoro artigianale inedito sul tema del tabernacolo: «Le mani sono lo strumento più efficace che possediamo. Fare le cose con le mani significa collegare il cervello con la realtà, con la materia, con le forme. Vuol dire dare sostanza all’immaginazione».