Un piccolo capolavoro rurale. Una cattedrale laica, ruvida e quieta, alla maniera dei Paesi Bassi. Con i tetti leggeri che volano verso il cielo
Una casa, due corpi, due mondi lontani che si interrogano da vicino. Da un lato le vecchie fattorie irrobustite da pioggia e salsedine nella regione dello Zeeland, sulla costa dei Paesi Bassi. Dall’altro, gli antichi fienili orientali dai tetti che volano leggeri verso il cielo. Il risultato, immerso nella campagna a 45 minuti da Bruxelles, è un piccolo capolavoro rurale, una cattedrale laica dalla facciata in larice tinto di nero, nata da una collaborazione a sei mani e un unico vocabolario dettato da un minimalismo contemporaneo, ruvido e quieto, alla maniera belga. L’edificio porta la firma di Luc Maes, il giardino quella di un artista contemporaneo, Vincent de Roder, mentre l’interior è stato curato da Frank Pay, il fondatore di Showroom 144, tra i più ricercati negozi di design a Bruxelles, un mix di mobili vintage e contemporanei, arte e oggetti handmade. «Questa casa – concepita da zero – ha assecondato tutti i desideri funzionali ed estetici del proprietario», racconta Pay. «È radicale e forte nel suo minimalismo di classe, proprio com’era il committente, una persona molto creativa, avanguardista, influente nel campo della moda». Costruita sul dorso di una collina, House M offre una straordinaria vista sulla natura, aprendosi ai suoni, alle stagioni, alle stelle grazie ai volumi di un’architettura, dal doppio cappello di paglia, ingegnosamente affacciata sul paesaggio a cui dà il volto, i fianchi e le spalle. «Il contributo di Luc Maes è stato determinante», aggiunge Pay. «Luc segue alcuni dogmi. Per lui la vista può essere più importante degli interni. Aprirebbe terrazze ovunque. In questa casa ha applicato un principio a lui caro, quello di collegare due grandi volumi, l’uno all’altro, lasciandoti intuire il carattere dell’edificio già da lontano». Negli interni lo stile è caldo ma essenziale, in equilibrio tra rigore zen e tradizione. Al larice della facciata fanno seguito pareti foderate con assi recuperate dai vecchi vagoni dei treni, parquet in acciaio spazzolato, la mano di nero opaco che incornicia i dettagli strutturali. «Non è stato difficile seguire le indicazioni del committente.
Anch’io amo il minimalismo», confida Pay. «Mi piacciono l’onestà e la purezza del design e dei materiali e ho molto rispetto per la natura. Penso sia importante capire il contesto in cui progetti, prestando attenzione alle nuove tecnologie così come ai metodi e alle tecniche che hanno dimostrato di avere un senso nel corso dei secoli. Alcuni progetti richiedono un approccio più sperimentale e all’avanguardia, altri hanno bisogno di un approccio zen, più classico. È importante, nel lavoro sugli interni, mettersi al servizio dell’architettura, seguire la luce, il suono, lo spirito umano e il corpo. Guardare l’origine di un edificio, sentirlo. Cercare di capire e valorizzare le sue qualità, puntare a migliorarlo, aggiungendo o sottraendo cose, investendo in valori senza tempo, rispettando la sostenibilità. Pensare locale, senza avere paura dei segni del tempo». Negli arredi, ogni dettaglio è ricercato. Dalle maniglie delle porte disegnate da Gropius & Meyer negli anni Venti agli interruttori Bauhaus. «La luce è la parte più importante di una casa e spesso è la prima cosa a cui penso», afferma Pay. «Ogni stanza ha una funzione specifica e essenziale. Nell’arredare è importante capire l’organizzazione di base, fornire la luce giusta, quel comfort e quella poesia che accompagnano i nostri gesti». House M sembra svelarci gesti quieti. Come i dettagli della stanza da letto: una piccola opera dell’artista belga Jan Vercruysse, un invito incorniciato per una sfilata di Comme des Garçons, una Thonet. Note minime di una biografia intima per piccoli assoli.
IN QUESTA CASA L’ARCHITETTO HA APPLICATO UN PRINCIPIO CHE GLI è CARO: COLLEGARE DUE GRANDI VOLUMI LASCIANDO INTUIRE IL CARATTERE DELL’EDIFICIO GIà DA LONTANO Frank Pay