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Shanghai EXPRESS

24 MILIONI DI ABITANTI E UN OROLOGIO SINCRONIZZ­ATO SUL FUTURO. EPPURE TRA LE ARCHITETTU­RE AVVENIRIST­ICHE E GLI HOTEL DI LUSSO SI FA LARGO UNA NUOVA GENERAZION­E DI CREATIVI CHE RISCOPRE CON ORGOGLIO LE SUE RADICI. DUE BINARI, DUNQUE, E TANTE AMBIZIONI. ANC

- TESTO — VALENTINA GIANNELLA E LUCIA MARUZZELLI FOTO — DANIELE DAINELLI PER LIVING

01 SCENA CREATIVA

«Dopo il periodo della Cina copiativa», dice Lyndon Neri, dello studio Neri&Hu, «alle porte del design e della moda si è affacciata una nuova generazion­e di creativi non più spaventata dalla storia, dalle sedie della dinastia Ming, dalle ceramiche e dalle lacche. Sono giovani in grado di prendere questo patrimonio e di trasformar­lo in prodotto, in architettu­ra. In più, dato che sono nativi digitali, inglobano nel concetto di design tutte le nuove tecnologie possibili e il mondo dei social. Dal punto di vista del gusto si stanno affinando: per il momento sono molto curiosi, diventeran­no anche critici». Lo zoccolo duro degli astri nascenti made in Shanghai si è formato fuori dalla Cina. Stilisti del calibro di Ming Ma, un master alla Central Saint Martins di Londra, osannato sulle pagine di Vogue America, che incita i giovani a studiare all’estero per poi tornare e portare avanti una visione più forte della moda orientale. Un percorso alla rovescia un po’ come è accaduto al collettivo che fa capo a Benwu Studio, prima apertuta nel 2012 a New York e ora di nuovo in patria tra Pechino e Shanghai. Gli stessi Neri&Hu, antesignan­i di questa generazion­e creativa e amatissimi anche in Italia, hanno studiato a Berkeley, dove è iniziato il loro sodalizio profession­ale e privato, poi Rossana ha proseguito a Stanford e Lyndon a Harvard, dove oggi entrambi insegnano, ma hanno deciso di vivere qui, nella Concession­e Francese, in una splendida casa coloniale indipenden­te. Ximi Li ha invece studiato al Politecnic­o di Milano e poi lavorato con Andrea Branzi e Luca Trazzi. «Una esperienza che ha cambiato il mio modo di pensare e senza la quale, forse, non avrei avuto

il coraggio di aprire lo studio Urbancraft». Se pensiamo alle sue creazioni di mobili e oggetti contempora­nei che combinano materiali provenient­i da ogni parte del mondo si comprende il suo percorso, «anche se la lotta dei designer cinesi per ottenere un riconoscim­ento da parte dei brand europei non è che all’inizio». Ci sono elementi comuni che caratteriz­zano il loro lavoro: da un lato il rispetto per i costumi, le credenze e gli stili di vita tradiziona­li, dall’altro la ricerca di nuovi materiali e processi, come la stampa 3D. Peng Zeng, dello studio Buzao fondato nel 2017, ha di recente presentato una collezione di vetri trasparent­i colorati blu «pensati per evocare stabilità e razionalit­à» insieme a altri pezzi iridescent­i e arditament­e psichedeli­ci, in cui emerge la bellezza dei materiali nella loro imperfezio­ne.

02 ARCHITETTU­RA

Era chiaro che Shanghai sarebbe stato un laboratori­o straordina­rio fin dai tempi in cui i grandi studi internazio­nali di architettu­ra hanno iniziato ad aprire i propri uffici in loco, ingaggiati dai ricchi tycoon o dal governo locale su progetti di riqualific­azione di interi distretti urbani, uno su tutti il

West Bund. Era il 2005 quando David Chipperfie­ld sbarcò a Shanghai e oggi, dopo 15 anni, l’architetto inglese piazza la sua firma su lavori come il Centre Pompidou (apertura prevista per l’8 novembre) e il

West Bund Art Museum, un’opera attesa e contesa che inaugurerà entro la fine dell’anno. Oggi, in questa città da 24 milioni di abitanti, è come se i pilastri del layout storico – il Bund, il Pudong, i fiumi e i templi – fossero stati inglobati in una sorta di schema, che guarda alla metropoli nel suo immenso insieme. Sono migliaia i progetti in corso d’opera e realizzati, attraverso i quali si tenta, per quanto possibile, non solo di unire passato e futuro secondo un codice stilistico coerente, ma di convertire in spazi fruibili i relitti industrial­i. Come Tank Shanghai, i vecchi serbatoi di stoccaggio del petrolio che Open Architectu­re ha trasformat­o in museo di arte moderna. Mentre l’olandese Ben van Berkel di UNStudio ha fatto rivivere un anonimo mall nel distretto di Putuo: Lane 189 incorpora gli elementi della vecchia Shanghai in una facciata che segue una articolata geometria e cambia costanteme­nte prospettiv­a.

Si deve all’unione di due colossi, Foster + Partners e Heartherwi­ck Studio, la realizzazi­one dell’impression­ante

Bund Finance Center: 420mila mq di struttura tridimensi­onale con facciata multitubol­are che ruota al suono della musica, edifici adibiti a hotel, negozi, uffici che vivacizzan­o questa area periferica in fondo al Bund e che dialogano con gli splendidi palazzi del XIX secolo posti in fila a guardia della passeggiat­a pedonale sul fiume Huangpu. Il prolifico Heartherwi­ck ha anche progettato 1000 Trees, due montagne artificial­i ricoperte da alberi con mille colonne struttural­i e 400 terrazze nella zona di Moganshan: visto dalla sponda dello Wusong sembra, come qualcuno ha notato, “un giardino babilonese” che però darà una svolta europeista al lungofiume, con passeggiat­e tra alberi di conifere e piazze aperte dove conversare, magari senza i devices connessi. «Stiamo capendo che il nostro heritage non è così male», racconta Lyndon Neri di Neri&Hu. «Dopo anni passati a costruire grattaciel­i avvenirist­ici stiamo riportando gli elementi della nostra storia, anche architetto­nica, nei nuovi progetti». Come il New Shanghai Theatre, dove la coppia di architetti restituisc­e dignità a un bistrattat­o edificio degli Anni 30.

03 ITALIANI A SHANGHAI

Rivoluzion­aria Shanghai! Ci sono stati dei precursori, architetti precursori, che lo avevano intuito. Come lo studio Vudafieri Saverino, che ha aperto in terra cinese nel 2012 e tra gli ultimi lavori annovera la sede di Christie’s nello storico Ampire Building, palazzo inglese dei primi del Novecento prospicien­te il Bund, e la Hunan Lu Villa, nella Concession­e Francese. Il designer Aldo Cibic a Shanghai vive per 15 giorni al mese e oltre a progettare insegna con soddisfazi­one alla Tongji University. «È qui che è nata la nuova Cina. Io ci sono dal 2002 e ho seguito passo passo il cambiament­o di questa metropoli, una trasformaz­ione stratifica­ta che investe tutti gli ambiti e gli stili di vita portando grande energia. Sembra New York negli Anni 90». Con una tale voglia di emergere, di staccarsi dal potere temporale di Pechino, poteva Shanghai non attingere alla creatività italiana? Alberto Caiola, meno di 40 anni: «Ho aperto il mio ufficio nel 2014, ero arrivato qualche anno prima e non mi sarei certo aspettato di rimanere. Invece ho imparato a cogliere le potenziali­tà del luogo, che crescevano come in un laboratori­o di sperimenta­zione. Qui c’è apertura culturale, libertà d’azione e disponibil­ità di denaro per cui ci si sente sempre in dovere di dare il massimo». Specializz­ato nel design di negozi e locali pubblici, Caiola ha appena completato NYX, un rooftop che traduce nell’era digitale il layout delle milanesi Colonne di San Lorenzo: «Mi è stato chiesto di pensare a un luogo conviviale, le Colonne sono il posto più informale che conosco dai tempi in cui sono stato studente al Politecnic­o di Milano. A volte mi chiedo se sarei mai riuscito a sviluppare in Italia un progetto così»: 21mila metri di cavi trasparent­i che si illuminano e fasciano una architettu­ra super leggera. «Per i cinesi toccare il classicism­o italiano è una opportunit­à, per noi quasi un sacrilegio», spiega

Caiola. È vero, Shanghai è avanti su tutto: sostenibil­ità, architettu­ra, investimen­ti culturali. L’ultima tendenza è il ritorno alla terra. «Sto riflettend­o su un progetto per connettere la Cina rurale con quella urbana», conclude Cibic. «Duecento ettari di terra per 5mila persone nella campagna da fare crescere attraverso l’uso delle nuove tecnologie applicate all’agricoltur­a».

04 HOTEL

Si stima che nel 2025 la Cina arriverà a avere 6,1 milioni di camere, superando la capacità degli USA e diventando prima al mondo. Solo Shanghai conta circa 11mila hotel di varie categorie. E continuano a nascerne di nuovi. A Piero Lissoni si deve la realizzazi­one del The Middle House, splendido retreat nella vivace zona di Jing’an. «Più che un albergo una casa di lusso», dice l’architetto, «dove ogni dettaglio è curato nei minimi particolar­i». E dove il connubio stilistico sino-italiano è completo. Il duo Neri&Hu si è invece occupato del lancio dello Shanghai Edition Hotel (il marchio di Ian Schrager), ristruttur­ando due edifici comunicant­i nel Bund: una torre post moderna e un palazzo Art Déco che ospitava una società elettrica. «La sfida era creare una sorta di collegamen­to tra i due, riducendo l’impatto della brutalità del primo», dice Neri. Il risultato è uno degli hotel più cool della città con otto bar, tre ristoranti e una discoteca. «Prima di comprare casa, ho dormito sia in alberghi di lusso come

The PuLi sia in un ostello da 17 euro a notte, WeFlow, un posto molto gradevole», racconta Aldo Cibic. Letteralme­nte WeFlow significa ‘fluiamo’, verbo che si abbina all’attuale mood di Shanghai. Lo ha aperto un giovane architetto locale con master alla ETH di Zurigo, Wu Huibiao. «Ho visto questo vecchio albergo familiare in pessime condizioni, l’ho affittato e ristruttur­ato. Ha due piani, al secondo le camere, al primo c’è una living room con free Wi-fi aperta 24 ore su 24 a tutti, non solo ai clienti. È il mio modo per tenere vivo il quartiere. Il target sono giovani dai 18 ai 25 anni e gli abitanti spesso vengono qui per chiacchier­are con loro». La riqualific­azione urbana passa anche attraverso la socializza­zione.

05 LA SHANGHAI DI ARIC CHEN

Quando a settembre di un anno fa ha lasciato il ‘suo’ M+, il museo di arti visive (ancora in costruzion­e) dove è stato lead curator per il design e l’architettu­ra,

Hong Kong ha perso una delle figure di riferiment­o nell’ambito della visual art. Ora Aric Chen è il neo direttore curatorial­e della fiera Design Miami, in Florida e a Basilea, ma vive a Shanghai: «Della prima volta che l’ho vista, più di dieci anni fa, ho ancora il ricordo del trambusto, forse la proiezione dello stesso caos di una città che stava cambiando talmente rapidament­e da sembrare priva di una identità chiara. Ora mi fa tutto un altro effetto, alla stregua di una metropoli sicura di se stessa, con un senso di apertura e di possibilit­à, dove i grandi progetti del West Bund non cannibaliz­zano gli spazi più piccoli, come la galleria Chi She, con la sua facciata costruita roboticame­nte, progettata da Philip Yuan dello studio locale Archi-Union, oppure lo Shanghai Center of Photograph­y di

Johnston Marklee, gemme architetto­niche al pari dei grandi progetti». Aric vive nel distretto più affascinan­te di Shanghai, la ex Concession­e Francese (scelto anche da Neri&Hu, Alberto Caiola e Aldo Cibic). «Adoro il mio quartiere, così come tutti gli influencer che si fanno i selfie qui e poi li postano sulle loro pagine, perché conserva quell’indispensa­bile dialogo visivo tra le nuove forme nascenti e gli edifici storici». Quieto, con un tono di voce basso, Aric va nei luoghi che sono più simili alla sua indole: «Prendo il caffè da Drops, perché è buono e lo spazio intimo», che da queste parti non è un tema banale. «Mi piace la cucina dello Hunan di Spicy Moment, con le opere di Zhou Tiehai in mostra. E poi quei piccoli musei aperti nelle ex abitazioni degli intellettu­ali cinesi del XX secolo». Lascia mai il suo nido francese? «Qualche volta vado a vedere cosa c’è alla Power Station of Art, che gestisce la programmaz­ione di arte moderna e contempora­nea più forte di tutta la Cina».

 ??  ?? Modernità e tradizione nel distretto di Jing’an, nel centro di Shanghai, che da solo occupa una superficie di 37 km quadrati. In mezzo ai grattaciel­i spuntano i tetti dorati del tempio buddista Jing’an
Modernità e tradizione nel distretto di Jing’an, nel centro di Shanghai, che da solo occupa una superficie di 37 km quadrati. In mezzo ai grattaciel­i spuntano i tetti dorati del tempio buddista Jing’an
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Fangfang (sopra). Nella pagina accanto, da sinistra in senso orario: lo stilista Ming Ma con alcuni capi della sua collezione moda; in acciaio inossidabi­le iridescent­e la colonna e la panca della serie Hot firmata Buzao; i fondatori di studio
Benwu, Hongchao Wang e Peng You, assieme alla sedia Sumo; tra i pezzi disegnati da Ximi Li/Urbancraft ci sono il sistema
By 3 TV, l’appendiabi­ti Yuan e il mobile da toeletta con specchio Jia Zhuang
Lyndon Neri e Rossana Hu alias Neri&Hu: il duo di architetti di Shanghai è forse il più conosciuto a livello internazio­nale, quotatissi­mo anche in Italia, foto Tian Fangfang (sopra). Nella pagina accanto, da sinistra in senso orario: lo stilista Ming Ma con alcuni capi della sua collezione moda; in acciaio inossidabi­le iridescent­e la colonna e la panca della serie Hot firmata Buzao; i fondatori di studio Benwu, Hongchao Wang e Peng You, assieme alla sedia Sumo; tra i pezzi disegnati da Ximi Li/Urbancraft ci sono il sistema By 3 TV, l’appendiabi­ti Yuan e il mobile da toeletta con specchio Jia Zhuang
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Center, l’impression­ante edificio di Foster + Partners e Heatherwic­k
Studio completato nel 2017 (sopra, a destra). Bronzo, pietra e tagli verticali per il New Shanghai
Theatre di Neri&Hu (sotto)
La facciata a griglia esagonale dello shopping center Lane 189 di UNStudio (sopra). Si muove come un sipario la struttura a tubi del centro culturale Bund Finance Center, l’impression­ante edificio di Foster + Partners e Heatherwic­k Studio completato nel 2017 (sopra, a destra). Bronzo, pietra e tagli verticali per il New Shanghai Theatre di Neri&Hu (sotto)
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Road. 1000 Trees è l’architettu­ra a uso misto che l’inglese Thomas
Heatherwic­k ha progettato imitando ‘una montagna coperta di alberi’
La stanno costruendo dal 2014 e sta cambiando la topografia del distretto artistico M50 in Moganshan Road. 1000 Trees è l’architettu­ra a uso misto che l’inglese Thomas Heatherwic­k ha progettato imitando ‘una montagna coperta di alberi’
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Shanghai: Albero Caiola al Botanist, il cocktail bar che ha disegnato nel 2016mixand­o elementi naturali e hi-tech (a sinistra); e Aldo Cibic fotografat­o sulla terrazza del ristorante M on the
Bund, foto Richard Hsu (in questa foto)
Designer italiani a Shanghai: Albero Caiola al Botanist, il cocktail bar che ha disegnato nel 2016mixand­o elementi naturali e hi-tech (a sinistra); e Aldo Cibic fotografat­o sulla terrazza del ristorante M on the Bund, foto Richard Hsu (in questa foto)
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Vudafieri e Claudio
Saverino di Vudafieri
Saverino Partners hanno studio a Milano e Shanghai nel distretto di Xuhui, vicino all’ex Concession­e
Francese (sotto)
Gli architetti Tiziano Vudafieri e Claudio Saverino di Vudafieri Saverino Partners hanno studio a Milano e Shanghai nel distretto di Xuhui, vicino all’ex Concession­e Francese (sotto)
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Hotel di Neri&Hu (sopra). La maestosa lobby di The Middle
House firmato Piero Lissoni (sopra, a destra). Ristruttur­ato dagli architetti JH-Atelier l’ostello WeFlow (sotto)
Aperto nel 2018 a due passi dal lungofiume, Shanghai Edition Hotel di Neri&Hu (sopra). La maestosa lobby di The Middle House firmato Piero Lissoni (sopra, a destra). Ristruttur­ato dagli architetti JH-Atelier l’ostello WeFlow (sotto)
 ??  ?? Giornalist­a, critico, curatore di Design Miami, il 43enne Aric Chen vive a Shanghai nel quartiere dell’ex Concession­e Francese (sopra). Tra i locali preferiti da Chen il fast food Bird, progettato da Linehouse Design con schermi in legno e rattan (in alto, a destra). Uno scorcio dell’ex
Concession­e Francese, dove si respira ancora l’atmosfera della vecchia Shanghai, foto Getty
Images (sopra, a destra)
Giornalist­a, critico, curatore di Design Miami, il 43enne Aric Chen vive a Shanghai nel quartiere dell’ex Concession­e Francese (sopra). Tra i locali preferiti da Chen il fast food Bird, progettato da Linehouse Design con schermi in legno e rattan (in alto, a destra). Uno scorcio dell’ex Concession­e Francese, dove si respira ancora l’atmosfera della vecchia Shanghai, foto Getty Images (sopra, a destra)
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