AFFARI DI FAMIGLIA
IL DESIGN VISIONARIO DI PIERRE PAULIN RIVIVE IN UN CLASSICO APPARTAMENTO FRANCESE. CI ABITANO IL FIGLIO BENJAMIN E SUA MOGLIE ALICE: «UNO SPAZIO PER MOSTRARE L’ATTUALITÀ DEL SUO LAVORO»
Prototipi, inediti, prime edizioni: nell’appartamento-vetrina di Parigi, il design visionario di Pierre Paulin è più vivo che mai. Ci abita il figlio Benjamin con la moglie e le bimbe piccole, prime fan del nonno e dei suoi mobili ultra soft
«MIO PADRE DICEVA SEMPRE: NON STO CREANDO NULLA DI NUOVO, STO SOLO MODERNIZZANDO LE COSE»
Quando nel 1971 Georges Pompidou lo chiamò a ridisegnare alcune sale degli appartamenti privati dell’Eliseo, il designer Pierre Paulin non esitò a coprire i pannelli originali in legno dorato di Napoleone III con un tessuto beige e a inserire una struttura a forma di igloo all’interno di una delle stanze. «Scegliendo me», commentò il creativo, nato a Parigi nel 1927 e scomparso nel 2009, «il presidente Pompidou stava chiaramente facendo un gesto politico. Voleva che la modernità entrasse nelle case e nella mentalità dei francesi». Grande esploratore di forme, progettista rivoluzionario, Paulin era sempre un passo avanti rispetto alla sua epoca. Se il suo nome è tornato in auge negli ultimi anni – Sotheby’s gli ha appena dedicato una grande mostra a Parigi – è anche merito di suo figlio Benjamin e della moglie, Alice Lemoine: lui, musicista e dj, lei fashion designer specializzata in knitwear. A portarli sulla strada del design è stata la nascita della loro prima figlia che li ha spinti ad approfondire la storia di famiglia e a lanciare nel 2013 il brand Paulin, Paulin, Paulin (il terzo
Paulin è quello di Maia, madre di Benjamin e vedova di Pierre, da sempre impegnata nella valorizzazione dell’opera del marito). La missione è rieditare alcuni pezzi concepiti dal grande designer, molti dei quali mai entrati in produzione, per produrli in edizione limitata. La loro casa, un elegante appartamento a Parigi a pochi passi dalla Gare du Nord, è insieme abitazione e showroom. «Questo è un appartamento in cui i progetti vengono testati e vissuti. Pensiamo
che la gente voglia vedere i pezzi in un contesto reale, non in uno showroom freddo, quindi invitiamo architetti, decoratori e collezionisti a venire qui per vedere il lavoro». Salvo poche eccezioni, tutto nell’appartamento è firmato Paulin, in un mix di vintage e nuove edizioni. E non solo per volere di Benjamin. «Sono cresciuta con molti di questi arredi», spiega Alice. «Mia madre lavorava come colorista con Pierre Paulin negli Anni 70. In casa abbiamo sedie e lampade che fanno parte della storia dello stile francese accanto ai pezzi del padre di Benjamin, ma non c’è contraddizione perché Paulin ha imparato le sue tecniche artigianali da quegli oggetti antichi. Lui stesso diceva sempre che non era un creatore, stava solo modernizzando le cose». Mentre altre aziende producono industrialmente alcuni grandi classici del designer come il divano Osaka o la Mushroom Chair, l’impresa di famiglia punta tutto sul mercato del collezionismo, grazie a un accurato lavoro d’archivio. Ne è un esempio il tavolo Miami in cucina, un monolite bianco con le sedute integrate che ricorda un’astronave atterrata da un altro mondo tra le stanze classiche di questo appartamento haussmanniano.
«Ne abbiamo realizzato un prototipo per un’edizione di Design Miami ed è stato acquistato da qualcuno che vive a poche strade di distanza da noi», dice
Benjamin. «Era il tavolo da pranzo dei nostri sogni e quindi ne abbiamo creato uno anche per noi. Ne esistono solo due esemplari ed è curioso che entrambi siano qui nello stesso quartiere di Parigi». Al centro del salone, un altro dei progetti più radicali di Paulin: un tappeto-divano con gli angoli che possono essere reclinati per appoggiare la schiena. «La cosa che preferiamo in assoluto quando siamo a casa è salirci sopra tutti insieme e leggere», aggiungono Benjamin e Alice che per testare i prototipi possono contare anche sul contributo delle piccole di casa: Irene, cinque anni, e Diane, di due, soprannominata dalla sorella ‘Coco’. Guardare il design di Paulin attraverso i loro occhi fa pensare a un grandioso parco giochi, dove al posto degli scivoli ci sono divani dalle forme sinuose e sedie che sembrano fatte per arrampicarsi. «Abbiamo chiesto a Irene quale fosse il suo pezzo preferito», raccontano, «e ha subito risposto il divano lungo curvo Big C, perché le piace saltarci sopra e correre lungo lo schienale. I bambini adorano questi pezzi per motivi molto diversi rispetto a noi adulti». Nessun timore che possano rovinarsi? «Questo è prima di tutto uno spazio in cui vivere», risponde Alice. «E comunque, sai com’è: il primo segno su qualcosa di nuovo è terribile, dopodiché non importa più di tanto».
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