VI RACCONTO IL MIO PAPA
Le lacrime per le dimissioni di Ratzinger, poi le «sorprese» di Bergoglio e ora il Giubileo straordinario. L’uomo che sta accanto ai due pontefici si confida con «Oggi». Su tutto. Comprese le lettere d’amore che riceve...
SCittà del Vaticano, marzo ale la scala Pia del Palazzo apostolico con passo sportivo. Intanto, monsignor Georg Gänswein, impegnato a fianco di Papa Francesco come prefetto della Casa pontificia e segretario di Benedetto XVI, racconta di Pio IX, il pontefice che fece costruire la lunga scalinata, e delle bellezze del Palazzo apostolico. Monsignor Gänswein, 58 anni, tedesco, nominato arcivescovo e prefetto nel 2012 da Joseph Ratzinger, di cui è segretario dal 2003, è stato poi confermato a capo della Prefettura pontificia da Bergoglio nel 2013. Così, da due anni l’arcivescovo è stretto collaboratore di due papi, un ruolo, il suo, senza precedenti. Padre Georg, come è chiamato familiarmente, ha sguardo accogliente, accento tedesco e gusto per le citazioni latine. Porta sorrisi negli occhi (anche quando racconta di aver pianto) e quella bellezza che sorprende (meravigliò anche la first lady Franca Ciampi che la sottolineò per prima, nel 2005, in occasione della visita di Benedetto XVI al Quirinale). E ora, sull’annuncio del Giubileo della misericordia (dal prossimo 8 dicembre al 20 novembre 2016), fatto da Bergoglio, monsignor Gänswein dice: «Papa Francesco ha dato un’altra prova della sua capacità di sorprendere. L’Anno Santo straordinario, anche se arriva improvviso, non è affatto inaspettato, perché il Papa ha fatto della misericordia il suo programma di pontificato». Sull’intervista di Bergoglio alla tv messicana e le sue parole sulla «sensazione che il suo pontificato sarà breve», padre Georg preferisce non commentarle. Ma racconta, con semplicità, di vocazione, tentazioni e lettere d’amore.
Eccellenza, che ricordi ha della sera del 13 marzo 2013, quando Bergoglio è diventato pontefice?
«Ricordo una grande emozione e le prime parole di Papa Francesco, quando l’ho incontrato nella Cappella Sistina: “Come sta Papa Benedetto? Posso telefonargli”? Infatti, poi, da Santa Marta, il pontefice ha chiamato al telefono il Papa emerito. E io quel giorno ho ripensato anche all’elezione di Ratzinger, otto anni prima».
Il 28 febbraio 2013 ha accompagnato a Castel Gandolfo Be- nedetto XVI che lasciava il Vaticano dopo la rinuncia. Chi ha guardato in tv l’elicottero che si allontanava dalla cupola di San Pietro ha mischiato nei pensieri le nuvole e le luci della sera. Lei a cosa pensava? Ha pianto?
«Sì, ho pianto. Lasciando l’appartamento di Papa Benedetto, mi sono commosso. Non sono di pietra. Dopo otto anni passati lì come segretario, stavo vivendo un momento storico. Invece, Papa Benedetto era sereno. Avevo saputo della sua volontà di rinunciare al pontificato alcuni mesi prima dell’annuncio ufficiale dell’11 febbraio 2013. Me lo aveva comunicato col sigillo del silenzio. Non mi aspettavo una decisione di quella portata. Ho pure cercato di fargli cambiare idea. Ma Papa Benedetto, se chiede un consiglio, ne tiene conto. Invece, quando ha già deciso, rimane fermo nel suo pensiero. Quella sera, tutte le emozioni trattenute fino ad allora sono diventate lacrime».
Si aspettava l’elezione di Bergoglio?
«In verità, è stata una sorpresa».
Quali sono le sfide pastorali più importanti affrontate da Papa Francesco finora? E le prossime?
«Papa Francesco ha una grande esperienza di governo: è stato vescovo ausiliare, poi arcivescovo e cardinale di una città grande e complessa come Buenos Aires. Questa esperienza ha rafforzato e ha affinato la sua sensibilità verso tante realtà delicate della vita della Chiesa. Le sfide del pontefice, di oggi e di domani, sono l’attenzione ai deboli, in tutti i sensi della parola: poveri, emarginati, quelle persone che