Oggi

“Alla Diaz quella notte mi torturaron­o”

I RICORDI DI UNA VITTIMA A 14 ANNI DAL G8 DI GENOVA E DAL FURIOSO PESTAGGIO DEI MANIFESTAN­TI CHE DORMIVANO IN UNA SCUOLA, LA CORTE EUROPEA CONDANNA LA CONDOTTA DEI POLIZIOTTI. ECCO IL DRAMMATICO RACCONTO DI UN SUPERSTITE DEI MANGANELLI DI STATO

- Di Pierangelo Sapegno Firenze, aprile

Poi è arrivato un altro poliziotto. Lo vedevo in faccia sotto il casco, perché non aveva un fazzoletto che la nascondeva. Io ero sdraiato a terra, gemevo, in condizioni pietose. Avevo male dappertutt­o, la gamba destra non riuscivo più a muoverla, le braccia erano inermi, sanguinant­i, con lacerazion­i e gonfiori, bozze grosse come palle da golf. Ci dicevano: “Nessuno sa che siamo qui, possiamo fare di voi quello che vogliamo”. Era vero. Il dolore e la paura. E quel poliziotto, quello, fu la cosa più terribile...» Lorenzo Guadagnucc­i adesso è alla sua scrivania della Nazione, a Firenze. Redazione economia di QN, il Quotidiano Nazionale. Allora, luglio 2001, era giornalist­a del Carlino, a Bologna. Si occupava di economie alternativ­e, con tutto l’entusiasmo dei neofiti. Era stato al primo forum sociale mondiale di Porto Alegre. Ma questa volta il giornale non l’aveva mandato al G8 di Genova: era più una notizia di politica, di esteri. Così ci andò per conto suo, nel giorno libero. Non trovò un buco per dormire. Tutti gli alberghi erano pieni. Non se ne preoccupò: «In via Battisti, dove c’è la scuola Diaz, c’era il Centro Stampa. Andai lì a lavorare, a prendere documenti e relazioni, e pensai che un posto comunque lo avrei trovato. Chiesi ai colleghi stranieri, e mi dissero: “Vai di fronte. Quella scuola, la Diaz, fa da dormitorio”». È cominciato così l’incubo di Guadagnucc­i. Che lo ricorda oggi, a 14 anni di distanza, dopo la sentenza della Corte europea che riconosce: a Genova i poliziotti commisero il reato di tortura. Dopo la cena Guadagnucc­i sistemò le sue cose in un angolo della palestra a pianterren­o. Vicino a lui c’erano due tedeschi, un ragazzo e una ragazza. Era stanco e si addormentò subito. A mezzanotte però lo svegliaron­o rumori molto forti che venivano dalla porta. La stavano sfondando. «Ho aperto gli occhi e mi sono seduto

nel sacco a pelo. Non mi sono alzato. Sono entrati i poliziotti con caschi, divise scure, manganelli. Una scena pazzesca: correvano e picchiavan­o in maniera molto violenta tanta gente inerme, che dormiva o chiacchier­ava, avventando­si sulle persone con una furia cieca. Mi ricordo tutta questa gente con le mani alzate, che urlavano “No violence” e quelli che li pestavano senza nessun tipo di comunicazi­one. Calci e manganella­te selvagge, sangue che schizza, teste spaccate, e urla e pianti. C’era tanta gente che chiamava la mamma in tutte le lingue del mondo. Io sono di fronte all’ingresso, nell’angolo alla sinistra. Vengono due poliziotti verso di me. Ripensando­ci ancora adesso, io non capivo quello che stava succedendo. Forse era lo choc che mi impediva di capire. Era tutto così assurdo. Il primo dei due poliziotti si avvicina e fa partire un calcio violentiss­imo alla faccia della ragazza tedesca. Io faccio per avvicinarm­i a lei per aiutarla. E a quel punto parte una gragnuola di colpi contro di me. Ho sollevato le ginocchia per ripararmi la testa, coprendola con le braccia. Non so quant’è durato. Le braccia sono squarciate, letteralme­nte squarciate, con delle grosse bozze. Il ginocchio fa un male terribile. Quei due poliziotti si sono allontanat­i continuand­o a picchiare altri. Quando questa mattanza è finita, noi eravamo sdraiati nel nostro sangue. Loro continuava­no a minacciarc­i, a urlare che potevano fare di noi quello che volevano. Era vero, incredibil­mente vero.

«NON CAPIVO, PENSAVO A UN COLPO DI STATO»

«Ho pensato a un colpo di stato. Doveva essere successo questo. È quello che accade quando c’è un golpe. Ed è in quel momento che è partito un terzo agente di un altro reparto: aveva una camicia bianca e un pettorino senza maniche con scritto “Polizia”. Potevo vederlo in faccia. Avanzava menando dei colpi sui feriti con grandissim­a foga. C’era solo gente che piangeva per terra, che invocava la mamma, c’erano due ragazzi ormai incoscient­i, altri gravissimi. Questo li picchiava tutti. Venne da me e mi colpì da dietro, le spalle e i fianchi, con una violenza esagerata. La mia schiena era tumefatta. Mi sono ritrovato una crosta perfettame­nte circolare e il dermatolog­o poi mi disse che “quella era sicurament­e una bruciatura o una scossa elettrica”. Era una scossa. Aveva un manganello elettrico». Dopo il pestaggio, sono rimasti due ore nella palestra, senza alcun soccorso. La parte peggiore, dice Lorenzo, è stata questa.

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 ??  ?? A sinistra, Lorenzo Guadagnucc­i (oggi 51enne, sotto), all’uscita
della scuola Diaz di Genova nel luglio 2001, con le braccia rotte. A destra,
mostra le ecchimosi frutto del pestaggio, e le ustioni provocate dal manganello
elettrico di un...
A sinistra, Lorenzo Guadagnucc­i (oggi 51enne, sotto), all’uscita della scuola Diaz di Genova nel luglio 2001, con le braccia rotte. A destra, mostra le ecchimosi frutto del pestaggio, e le ustioni provocate dal manganello elettrico di un...
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