CHE GUAIO LA PIGRIZIA!
«La resistenza ai cambiamenti è all’origine di tutti i nostri problemi. Lo racconto nel mio ultimo libro» , ci dice il conduttore di Unomattina. Il futuro? «Le donne»
IRoma, aprile n questo periodo in cui cuochi e cucine hanno invaso i nostri discorsi e le nostre serate, anche Franco Di Mare, nel suo ultimo romanzo Il Caffè dei Miracoli ( Rizzoli, euro 18) propone la sua ricetta, semplice ma sapiente: prendete l’Italia, così com’è, senza ripulirla e toglierle le interiora, passatela a un setaccio fine, distillatene il succo, fatelo restringere a fuoco lento, aggiungete un po’ di sale e molto pepe. Otterrete il paesino che fa da teatro a questo romanzo, un luogo immaginario che è metafora della nostra nazione, con il suo difetto più grosso: la resistenza al cambiamento. «Proprio così, io penso che il difetto più invalidante degli italiani sia la resistenza al cambiamento, un conservatorismo viscerale, oserei dire quasi genetico» spiega Franco Di Mare. «Siamo così pigri che non riusciamo a vedere le cose da altri punti di vista, e così ogni piccolo cambiamento viene sempre ac- colto con estrema diffidenza. Nel mio libro a scatenare un putiferio è una iniziativa culturale, ma se pensiamo alle difficoltà che si incontrano in Italia a innovare in qualsiasi campo, che sia una riforma doverosa di un settore, o la costruzione di una ferrovia, la grossa statua di Botero intorno a cui ruota la storia del mio romanzo è la metafora di un Paese che deve cambiare mentalità, persino negli affetti». E spiega meglio: «Siamo immobili anche nelle storie d’amore: quanti sono le coppie che a malapena si sopportano e che non si lasciano per cinismo e calcolo? Magari separandosi troverebbero un nuovo amore e una vita felice». Di Mare sostiene che gli italiani sono pigri e poco portati al cambiamento. Eppure mezzo secolo fa eravamo una nazione che correva e innovava. «Certo, perché avevamo due grandi alleati: il bisogno e la speranza. Era il combinato disposto di questi due elementi che ci spingeva avanti, dovremmo recuperare lo spirito di quegli anni. Io ammiro i giovani che cercano di affermarsi nella palude che è diventata l’Italia, che cercano in Rete i fondi per le loro iniziative, perché le banche non scuciono un euro, che fanno figli nonostante i contratti da fame, che si sposano e mettono su famiglia nell’incertezza più totale. Dobbiamo affidarci a loro e alle donne, che sono sempre la parte più positiva della società, per uscire dal pantano. Dai, basta un po’ di coraggio e tutto andrà meglio».