Sei sempre su Facebook? Ogni tanto liberati dalla Rete
SI CHIAMA SOCIAL ADDICTION E COLPISCE TRE RAGAZZI SU DIECI, OSSESSIONATI DAI COMMENTI E DAI «MI PIACE». ECCO COME USCIRNE
Arrivala notifica e lo sguardo va subito sullo smartphone, qualsiasi cosa accada. Succede, secondo un’indagine di Skuola.net e della Polizia di Stato, al 22,8 per cento dei ragazzi, che nel 48,7% dei casi si sente infastidito o in ansia (16,4%) quando Internet non funziona. Si chiama social addiction e colpisce chi controlla i propri profili Facebook, Twitter, Instagram in modo ossessivo, fino a farsi condizionare le giornate dai like («mi piace») o dai commenti. LE CAUSE A spingere i “social addicted” a controllare sempre smartphone e pc non sono l’abitudine o il desiderio di contattare in modo veloce gli amici: è quella che gli esperti chiamano “fomo” ( fear of missing out), letteralmente la paura di essere tagliati fuori. «Colpisce i ragazzi, ma anche gli adulti. Che peraltro, usano lo smartphone anche per controllare i figli su Facebook, Twitter, Instagram», spiega Alberto Rossetti, psicoterapeuta specializzato in problematiche legate al web. I CAMPANELLI D’ALLARME Ma come identificare un disturbo vero e proprio? «Arrivare a diagnosi precise è difficile», aggiunge Rossetti: «Segni chiari sono l’impoverimento dei legami sociali e la sensazione di ansia e di rabbia quando non si può accedere a Internet». I RIMEDI Come liberarsi per sempre dall’ossessione? «Il primo passo è fare in modo che quello dei social non sia l’unico ambiente positivo, coltivando hobby o facendo sport. Requisire lo smartphone ai ragazzi non serve a molto, è uno strumento d’inclusione. Meglio educare all’uso». Provate a porre poche e chiare regole di utilizzo oppure condividete le password: i genitori s’impegnano a non utilizzarle e i figli a non cambiarle. Per gli adulti, invece, la strada può essere disattivare le notifiche o disinstallare l’app dal telefono». In alternativa, creare delle zone (palestra, ristorante) da cui i social network sono esclusi. Ma in quel caso bisogna controllarsi da soli. E chi non riesce proprio a farlo, dovrà rivolgersi a uno psicologo.