Alt paranoia! Contro terrorismo e minacce usate la testa e affidatevi agli amici
QUATTRO ITALIANI SU DIECI SONO AFFETTI DALLA “PAURA DI VIVERE”, PER COLPA DELLE CRONACHE SEMPRE PIÙ NERE. E TANTI SI TAPPANO IN CASA. MA SBAGLIANO, PERCHÉ PER REAGIRE LA MIGLIORE MEDICINA È STARE CON GLI ALTRI. PAROLA DELLO PSICHIATRA
Q uella italiana è una società sotto assedio, nella quale crescono le paure e diminuiscono i sogni». È l’allarme lanciato a Vienna, al 23° Congresso dell’Epa, l’Associazione europea di Psichiatria, da Claudio Mencacci, past president della Società italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Neuroscienze all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. «Emotività, panico, angoscia, smarrimento, sensazione di fragilità e di essere sotto attacco su due fronti: da un lato la crisi economica, dall’altro il terrorismo». La paura colpisce circa quattro italiani su dieci, stima l’esperto, e può prendere la forma di «un blocco psicologico che assume i contorni della
sindrome: la gente inizia a disertare i maxi- eventi collettivi, a evitare i mezzi pubblici, gli spostamenti e le vacanze all’estero. E addirittura aumenta l’acquisto di giubbotti antiproiettile da parte della persone comuni». Non c’è solo il terrorismo che si serve della paura per esercitare il suo potere, ma anche la diffidenza verso gli stranieri, il timore nei confronti di possibili epidemie, l’angoscia per gli alimenti contaminati, l’inquinamento, i furti nelle abitazioni, le rapine per strada. Un’attitudine all’insegna del “vivi preoccupato” che diventa virale sui social media, attraverso la condivisione di messaggi sempre più allarmistici: come, per capirsi, le fantomatiche liste di cosmetici “che fanno venire il cancro” o i vaccini “che causano l’autismo”. IL VIRUS DELLA PARANOIA Mencacci, però, sostiene che il vero pericolo è un altro: «L’aspetto più insidioso è il “virus della paranoia”, un contagio collettivo che nella storia, anche recente, ha devastato popoli più delle epidemie di peste». Come se ne esce? «Non dimenticandosi che l’uomo è un animale sociale: ha bisogno di aggregazione e legami. La solitudine genera costante ansia cronica, mentre gli affetti ci fanno sentire al sicuro. Tant’è che anche nei momenti più drammatici (un lutto, la perdita del lavoro, la fine di un amore) lo stare con gli altri e sentire la loro vicinanza ci è di grande aiuto e conforto. Non smettiamo mai di pensare con la nostra testa. E di continuare a considerarci una comunità e non una folla». Ecco, allora, cinque consigli anti-panico.
1Ragionate
sui dati. Non fermatevi ai titoli allarmistici, ma verificate sempre le cifre, i fatti descritti e il parere degli esperti che si occupano da anni di un certo argomento (emigrazione, salute, criminalità, giustizia...) in modo professionale o per studio. Affidiamoci a chi fa informazione vera e non a siti “strani”, senza ufficialità, dove nessuno si prende la responsabilità di ciò che c’è scritto. 2Pensate
sempre al rischio di venire strumentalizzati. Chiedetevi: c’è forse qualcuno o qualcosa che ci guadagna instillando in noi ansia e senso di insicurezza? Non bisogna cedere alla paura, ma invece identificarsi ancora di più nel nostro modello di convivenza pacifica e democratica. 3 Non spingete troppo avanti la mente. Rendetevi conto che vivere in attesa di un futuro minaccioso rischia di farci perdere di vista il presente e le sue possibilità di evoluzione positiva. 4 Prudenza sui social network. Prima di cliccare il tasto «Mi piace» o di condividere un post allarmistico riflettiamo sulla possibilità di diventare parte di un meccanismo perverso, che amplifica la paura e crea “mostri”, danneggiando altre persone e generando insicurezza continua. 5 Non isolatevi. Nella vita quotidiana (in famiglia, con i vicini di casa, gli amici e i colleghi) coltiviamo il più possibile relazioni e legami, anche condividendo hobby, praticando sport, frequentando corsi o dedicandosi al volontariato. Ci sentiremo così sempre parte di una rete di persone, sulle quali poter contare anche in caso di difficoltà.