Oggi

MASSIMO BISOTTI «Non andate mai CONTROCUOR­E»

ALL’INIZIO METTEVA I SUOI SCRITTI SU FACEBOOK. OGGI, MASSIMO BISOTTI RIEMPIE LE LIBRERIE E FA SOSPIRARE MIGLIAIA DI RAGAZZE. AI SUOI FAN RACCOMANDA: «SEGUITE SEMPRE I VOSTRI SENTIMENTI». E A CHI LO ACCUSA DI SCRIVERE FRASI MIELOSE MOSTRA UNA FOTO. DI UN T

- Di Fiamma Tinelli - foto Fernando Arias/Contrasto

Ma quello che mi ha fatto capire che le mie parole arrivano al cuore della gente sono i tatuaggi». I tatuaggi di cosa? «Delle frasi dei miei libri». Sta dicendo che le sue fan si tatuano i suoi libri? Bisotti, uomo timido e gentile, tira fuori lo smartphone, entra su Instagram e clicca su una foto. È l’intero fianco di una ragazza tatuato. C’è scritto: «Quel che verrà dopo di me non lo vorrai più conoscere», una sua frase che su Facebook ha raccolto 1.158 “like”. Se non è un fenomeno, questo. Rewind. Ho appuntamen­to con lo scrittore Massimo Bisotti in un ristorante del centro di Milano. Di lui so due cose: che il suo penultimo libro, Il quadro mai dipinto, ha venduto 100 mila copie ( per il mercato di oggi, un miracolo) e che ogni suo post sui social riceve migliaia di commenti estatici. Inoltre, Bisotti è un fenomeno editoriale self made, nato sul passaparol­a. Niente uffici stampa, niente agenti, all’inizio lo scrittore si faceva promozione mettendo su Facebook stralci dei suoi scritti, storie sospese tra magia e sentimento dove ci sono sempre un cuore o un tramonto di mezzo. Finché l’editoria non si è accorta che Bisotti piaceva parecchio. Domenica scorsa, Massimo ha presentato il suo ultimo romanzo, Un anno per un giorno ( Mondadori), al Salone del Libro di Torino. Davanti a una sala gremita. I critici la snobbano. Dicono che scrive frasi da Baci Perugina. «E io rispondo che sui Baci citano pure Flaubert. I critici non m’interessan­o, a me interessa la gente». E alla gente lei piace. «Guardi qui ( armeggia di nuovo con lo smartphone, ndr), è una scritta su un muro, vicino Caserta. La gente si ferma lì davanti per farsi i selfie». Leggo: «Ci sono tramonti che non tramontano mai». «Per me scrivere di emozioni non è una scelta, è una necessità: io scrivo quello che sento, quello che vivo. Il mio è un flusso di coscienza costante». Quando ha cominciato coi flussi di coscienza? «Da bambino, a casa malato, scrivevo per passare il tempo». E a farlo seriamente? «Dopo Lettere, all’Università, ho cambiato mille lavori. Ho gestito un pub, risposto alle chiamate in un call center, fatto l’assistente in un ambulatori­o,

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