RIFUGIATO IN CONVENTO
A sinistra, il convento di Valencia (venezuela) dove Majorana si nascose nel 1958. Sopra e in alto, due emigrati che lo conoscevano. nel comparare l’immagine con quelle a disposizione del fisico, del padre e di un fratello: dieci punti in comune. Significa che, mentre tutti lo davano per morto, Majorana, tra il 1955 e il 1958 era sicuramente vivo dall’altra parte del mondo. Possibile? E se si trattasse solo di una somiglianza clamorosa? E se fosse tutto solo un’invenzione di Fasani? In fondo, l’uomo raccontò che a presentargli Bini era stato un fantomatico Ciro e che a rivelargli la vera identità di Bini era stato tale signor Carlo, amico di un ingegnere di cui non ricordava nemmeno il nome: solo il nomignolo, Nardin, forse di cognome Buzzi o Guzzi. Un po’ poco per prendere tutto per buono. Ma è partendo da questi pochissimi dati che tre giovanissimi cronisti italiani, Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e il collaboratore di Oggi Andrea Sceresini – tutti tra i 30 e i 33 anni – sono partiti alla volta del Venezuela sulle tracce del fisico catanese scomparso, lavorando come segugi nello sfruttare al meglio le indicazioni di un misterioso Signor C., che ha fornito loro le prime informazioni su come e dove muoversi. Una caccia storico-geeografica, tra vecchissimi testimoni e figli e nipoti di quelli ormai morti. Sfrugugliando negli archivi dell’anagrafe e pure in quelli dei cimiteri, confrontando centinaia di nomi, trovando foto e documenti, scremando mitomani e false piste. E in poco più di un mese hanno incredibilmente dato un volto a tutti i personaggi citati da Fasani, anche lui deceduto nel frattempo: Ciro era Ciro Grasso, impiegato al Banco italo-venezolano. Nardin era al secolo Leonardo Cuzzi, gestore di un imporSopra, una vecchia foto della sorella di Majorana, Maria, con il fisico Erasmo Recami. Esplorò la pista argentina, ora confermata. tante complesso industriale alle porte di Valencia. E il signor Carlo, Carlo Venturi, imprenditore. L’eccezionale documento, che conferma appieno e amplia il racconto del testimone Fasani è pubblicato ne La seconda vita di Majorana, edito da Chiarelettere e in libreria dal 23 giugno. Un volume di 200 pagine in cui il lettore respira l’aria del Codice Da Vinci, impegnato com’è insieme ai cronisti-protagonisti nel cercare di risolvere gli enigmi che pagina dopo pagina si presentano. Solo che qui è tutto vero, compresa la sparatoria cui sono sfuggiti, compresi i viaggi tra alberghi assediati da scarafaggi e pidocchi, negli ospizi alla ricerca di testimoni e nelle comunità italiane, “intrappolate” in un Venezuela dove furti, scippi, rapine e omicidi rappresentano la quotidianità. Il resoconto lascia senza fiato.
LA SECONDA VITA
Ettore Majorana viveva a San Agustín, nel comune di Guacara, insieme a una donna più giovane di lui, muovendosi su una Studebaker gialla. I documenti che lo attestavano come Bini erano falsi e se li era procurati quando era partito dall’Argentina insieme a Carlo Venturi. Evitava le comunità italiane e conduceva un’esi