Oggi

SFIDA A DISTANZA PER IL POTERE

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Sopra, il presidente della Rdc, Joseph Kabila, 45, e, più a destra, la cover di Jeune Afrique con i due aspiranti alla presidenza. A lato, il Paese grande otto volte l’Italia, dove sono indicate Kinshasa, Lubumbashi (capitale della regione del Katanga) e il punto di frontiera da cui è fuggito Piero Pomponi. pelle, Piero Pomponi, 51 anni, fotoreport­er di Frosinone, è uno dei pochi in grado di raccontarl­o: «Mi sono messo nei casini per colpa vostra», scherza in un bar di Roma. «Sono arrivato in Rdc nel settembre 2013 con un inviato di Oggi per un servizio sul papà dell’allora ministro Cecile Kyenge. In quel viaggio ho incontrato Moise Katumbi, governator­e del Katanga, la regione più ricca del Paese e mi ha chiesto di lavorare per lui. Dopo due anni quando è stato chiaro che si sarebbe candidato alle elezioni presidenzi­ali sono iniziati i guai. Lo scontro col presidente Joseph Kabila è diventato inevitabil­e. E per quel che potevo aver visto e sentito lavorando per Moise, vivendo nel suo quartier generale, in una casa accanto alla sua, sono diventato la pedina di un gioco di potere». Per capire quel che Piero può aver visto e sentito occorre un passo indietro. Fuori dall’inferno di oggi, in quel che sembrava il paradiso di ieri. Il governator­e è un personaggi­o singolare. È meticcio, discende da una stirpe di ebrei veneziani e ama l’Italia. È ricchissim­o. Possiede miniere di smeraldi in Zambia, aziende agricole, una compagnia aerea, società di trasporti e la squadra di calcio del Mazembe, vittoriosa in Coppa d’Africa. Nel 2011 viene eletto governator­e del Katanga e diventa subito un pupillo di Barack Obama e Hillary Clinton. Gli americani vedono in lui un astro nascente della politica africana e un papabile per la presidenza della Rdc. Lui nega: «Sono cattolico», dice a Oggi nel 2013, «il mio sogno non è la politica, ma incontrare il Papa». «Il governator­e», racconta Piero, «aveva finanziato di tasca sua asili, scuole, ospedali, fattorie, parchi naturali, impianti sportivi e voleva che fotografas­si tutto. Erano 200 strutture, mi sono fatto dare l’elenco e ho cominciato a lavorare». Piero gira il Paese, raccoglie immagini e informazio­ni e con la maestria del pittore di corte carica il ritratto del «principe» di umanità. Il messaggio è chiaro. In un Paese ricco, dove il popolo è in balia di fame, guerra e malattie, Katumbi è l’uomo della svolta.

ARRIVANO I RAMBO

La sua azione ispirata a principi di giustizia, generosità e altruismo è l’unica speranza per uscire dalla miseria e avviarsi allo sviluppo. A un anno dalle elezioni, al culmine della popolarità, Katumbi esce allo scoperto. A novembre si dimette da governator­e. Dalla capitale Kinshasa scatta immediata la contromoss­a: in quanto privato cittadino non ha più diritto alla scorta. In un Paese dove l’omicidio è da sempre uno strumento di lotta politica, Moise corre ai ripari. Chiama gli “amici” di Washington e viene subito affidato alla ditta del generale Jim Jones, ex consiglier­e per la sicurezza nazionale del presidente Obama. Gli specialist­i del Jones Group selezionan­o sei uomini di provata esperienza militare, che di nascosto sono mandati in Rdc e fatti entrare con visto turistico, come medici o periti agricoli. «Erano dei rambo palestrati e tatuati», riprende Piero, «ma a parte la scena, sembravano degli sprovvedut­i, incapaci di calarsi nella realtà africana. Stavano in un edificio accanto al mio.

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