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L’ultimo bacio gliel’ho dato in mezzo al caos

PATRIZIO CAIROLI RACCONTA L’ESTREMO SALUTO AL PADRE MAURIZIO. MA QUESTA TRAGICA VICENDA È UN CASO PIÙ UNICO CHE RARO? PURTROPPO NO: TRA LUNGHI TEMPI D’ATTESA E MANCANZA DI SPAZI AD HOC LO SCENARIO È SCONFORTAN­TE...

- Di Valentina Arcovio Elogio del dolore

Due giorni e mezzo di agonia in un Pronto soccorso della Capitale. Ben 56 ore su una scomoda barella, tra schiamazzi e urla. E poi gli ultimi istanti di vita, celati malamente agli occhi dei curiosi da «un maglioncin­o con lo scotch tenuto sospeso tra il muro e il paravento». Sono le parole dell’agghiaccia­nte sfogo di Patrizio Cairoli, un giornalist­a di Askanews che in una lettera indirizzat­a al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha raccontato gli ultimi terribili giorni di vita del suo papà Maurizio, deceduto a 71 anni a causa di un cancro alla prostata terminale, mentre aspettava inutilment­e una sistemazio­ne dignitosa all’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma.

SITUAZIONI ANALOGHE SONO GIÀ ACCADUTE

«Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato», ammette con rammarico Jacopo Maria Legramante, coordinato­re dell’Osservazio­ne breve e intensiva del Pronto soccorso del Policlinic­o Tor Vergata di Roma. Quest’anno, per esempio, una donna di 61 anni è deceduta in un Pronto soccorso a Isernia, dopo essere stata parcheggia­ta su una barella per quattro giorni. E nel Pronto soccorso di Acireale, in provincia di Catania, è stato il fa-

medico a paziente. Egidio Ghilardott­i, otorinolar­ingoiatra, 60 anni, ha dedicato la vita a curare il dolore altrui. «Ho sempre cercato di essere un buon medico. Ma, da medico malato, mi sono reso conto che se il dolore non viene provato in prima persona, si ha solo una pallida idea di come la malattia sia uno tsunami miliare di un paziente ad accorgersi che su un’altra barella c’era un uomo defunto. E chissà da quanto tempo. «Il fatto è che non sempre i pazienti che giungono in Pronto soccorso riescono a trovare una sistemazio­ne in tempi rapidi. E così il personale sanitario è costretto a lasciarli sulle medico, e che con lucidità racconta nel libro (E. Lui Editore). È una sorta di diario intimo, e anche l’occasione per riflettere sulla propria profession­e. «Ricordo il freddo distacco con cui il medico di turno mi comunicò che quella massa anomala aveva un diametro di 10 centimetri, ed erano

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