CHI LO DIFENDE, CHI HA PERSO LE SPERANZE
ma con di mezzo Corona di facile non c’è nulla: l’aver nascosto quel denaro è un tradimento della fiducia su cui si basa, per esempio, l’affidamento in prova ai servizi sociali. Come dire: la legge ti ha dato la possibilità di mostrarti cambiato e l’hai sprecata. Pare, inoltre, che la Procura non creda che quei soldi siano frutto di lavoro. «Qualcuno ha scritto che Corona li gestiva per conto della criminalità. Ma fosse stato vero, avrebbe denunciato la bomba carta?». Difficile rispondere. E difficile, oggi, difendere ancora Fabrizio. Solo due anni fa, giornalisti e volti noti si erano mobilitati perché gli fosse concessa una grazia parziale. Capofila, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, seguito da Adriano Celentano, Oliviero Toscani, Mara Venier, Piero Chiambretti, Pupi Avati. E Vittorio Sgarbi: «Lo penso « ancora: quella a Corona è una condanna sproporzionata e ridicola, per reati inesistenti. Non è un criminale, è una patologia di questa società al pari della farfallina di Belén. Andrebbe recluso nella casa del Grande Fratello non a San Vittore», dice oggi.
«NON È UN DANNATO»
Anche Filippo Facci, giornalista di Libero, era a favore: «Non ho cambiato idea: la mia era una valutazione procedurale, non moralistica. Ritenevo, e ritengo, che la condanna fosse abnorme e ingiusta, come l’espediente - la presunta dipendenza da cocaina - per il quale gli è stata concessa la libertà. Quando è uscito dal carcere, ho avuto l’impressione avesse capito che era ora di smettere di rischiare. E invece non ha curato la sua unica dipendenza: quella dai soldi. Sono umanamente dispiaciuto, perché se non ce l’ha fatta fin qui, con le batoste e le umiliazioni che si è autoinflitto, non ce la farà più», dice Facci. E in fondo, al di là degli sviluppi giudiziari, la sua vera condanna Fabrizio la sconta da anni. Lui, che da sempre sogna una vita spericolata come Steve McQueen, alla fine si ritrova a fare i conti con quella, tragicomica, di Corona. giornalista