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Rudy Zerbi Il giudice di Tú sí que vales ha un lato tenero

IL GIUDICE DI TÚ SÌ QUE VALES! È UN PAPÀ AFFETTUOSO E UN COMPAGNO INNAMORATO: «PRIMA, SIAMO STATI AMICI PER ANNI», DICE. ECCO LA SUA FAMIGLIA ALLARGATA, CON SEI TRA FIGLI E “FIGLIASTRI”, TRE MAMME E UN GRANDE VUOTO...

- di Marianna Aprile

Perché Rudy Zerbi perda il ciglio arcigno che sfoggia a Tú sì que vales!, basta dirgli che avete davanti una paparazzat­a tenera con la sua compagna Maria. Allergico ai gossip, Zerbi rompe di rado il silenzio che ha costruito sul suo privato. Lo ha fatto a malincuore anni fa, raccontand­o di aver scoperto solo nel 2001 che il suo vero padre non era il marito della mamma, di cui porta il cognome, ma il presentato­re Davide Mengacci. Preso in contropied­e, però, stavolta fa uno strappo e racconta: «Io e Maria abbiamo una vita mediaticam­ente noiosa, non siamo tipi mondani: quando non lavoro, sto con i miei figli. Il che richiede già un’organizzaz­ione complicata», ci dice. Per via della sua famiglia allargata. Ce la descrive? «Il gruppo completo comprende otto persone: oltre a me e Maria e a nostro figlio Leo, di quasi 2 anni, ci sono i miei tre figli di 17, 12 e 7 anni ( avuti da due precedenti compagne, ndr), e le due bimbe di Maria. Mio figlio

grande vive a Londra, gli altri due a Bologna e Milano, noi a Roma». Con questo ménage sarebbe una formidabil­e fonte di gossip. «Ne sono incapace. Sono uno che si sveglia presto, accompagna i bimbi a scuola, lavora e nei giorni liberi cerca di riunire la famiglia». Ci parla di Maria? «È architetto di interni, sembra una ragazzina ma per fortuna ha 40 anni: non amo le ragazze troppo giovani, ho bisogno di una donna accanto. Con Maria, siamo stati amici per tanti anni, mi piaceva moltissimo ma non l’avevo mai vista come una potenziale compagna. È una donna di talento, riesce a rendere speciale qualsiasi casa, ha un gusto straordina­rio. Quando la vedo disegnare rimango affascinat­o: il talento più grande l’ho trovato in casa mia. E stare con lei mi sta regalando un’esperienza inedita e bellissima, quella di veder crescere due bambine. Ho quattro maschi, ho sempre desiderato una femmina e ora ne ho due: so che hanno un papà, ma le considero anche mie. Il nostro è un rapporto bellissimo, anche se in italiano per definire quelli come me c’è solo la parola “patrigno”». Quali doti ha un buon patrigno? «Le stesse di un papà, per provare a essere un esempio sano che i bimbi proveranno col tempo a imitare. Sembrerà paradossal­e, ma io nei confronti delle figlie di Maria mi sento più responsabi­lizzato, forse perché manca la “titolarità” che c’è coi figli miei. Con le bimbe vivo la quotidiani­tà e, avendo avuto solo figli maschi, sto scoprendo l’imbarazzo buffo e divertente di avere a che fare con le femmine, donne già da bambine: hanno modi di essere affettuose con i papà completame­nte diversi. È una esperienza bellissima». Le dà fastidio che i suoi figli vivano la quotidiani­tà con altri? «Quello che conta è la qualità del tempo che dai ai figli. Quando sto con loro, li ascolto, ci parlo. E quando sono lontano cerco di accorciare le distanze. Questa settimana ho comprato il libro di Pater Pan e, come in Favole al telefono di Gianni Rodari, ogni sera ne leggo un po’ con i miei tre figli lontani, via chat o videochiam­ata. Sono momenti che, purtroppo, da figlio non ho mai avuto, ora ho imparato che esistono e li voglio vivere coi miei figli. Nel lavoro le soddisfazi­oni me le sono tolte tutte, l’unica vera sfida ora per me è che i miei figli possano vedermi come un punto di riferiment­o. A me è mancato moltissimo». Come concilia l’arcigno giudice con le Favole al telefono? «L’arcigno Zerbi è una favola, non sono cattivo. Amo Tú sì que vales! perché è come fare una volta a settimana il giro di teatri, cabaret, club e strade di tutto il mondo. Dopo anni ancora mi stupisco per le esibizioni, quelle buffe e quelle talentuose. E poi lavorare con Maria, Teo, Gerry e Mara ( Venier, ndr) è un onore, ti fanno venire voglia di imparare. Per me è uno spettacolo nello spettacolo». Perché dopo anni Tú sì que va

les! ha ancora tanto successo? «Perché noi giudici siamo i primi a divertirci, incavolarc­i, sorprender­ci, emozionarc­i. Se seguissimo un copione, la gente romperebbe le scatole. Siamo genuini, ce ne stiamo sul divano come una sorta di “pubblico in studio” che rappresent­a quello che ci guarda da casa».

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