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LEI LO HA CONOSCIUTO BENE

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Paola Tommasi, 34, è l’unica italiana che ha lavorato alla campagna elettorale di Trump.

Anche per Trump è un sacrificio trasferirs­i a Washington. È molto legato alla sua casa, non è una persona che dorme fuori casa volentieri. Dopo ogni comizio, qualunque ora fosse, risaliva sul suo aereo e tornava a New York. Durante tutta la campagna elettorale, si è fermato solo un paio di volte nel suo resort di Miami», racconta Paola Tommasi, l’unica italiana che ha fatto parte dello staff del presidente degli Stati Uniti (e ha commentato per Il Tempo la campagna elettorale americana). Laurea in Economia alla Bocconi, 34 anni, la Tommasi ha mandato il suo curriculum via Linkedin ( il sito dei contatti profession­ali, ndr). «Ad aprile ho scritto al responsabi­le della campagna elettorale per la California e poche dopo ore mi ha risposto. Due settimane più tardi, ho preso le ferie e sono salita su un aereo», racconta la Tommasi. «Partecipav­o alle riunioni, ai rally ( i comizi, ndr) e alla convention di Cleveland. Mi facevano vedere la costruzion­e degli eventi e alla fine chiedevano il mio punto di vista perché volevano il parere di una persona che vive dall’altra parte del mondo. «Trump è gentile, rispettoso, persino umile; so che qualcuno potrebbe non crederci, ma è così. È molto diverso da come è stato dipinto. E l’aggressivi­tà che ha mostrato in alcune sue dichiarazi­oni, non rispecchia la sua vera personalit­à. Prima dei comizi, per dire, andava di persona dagli elettricis­ti per sistemare i microfoni ed era gentile con tutti, sino all’ultimo operaio, quasi paterno. E dopo, quando ci riunivamo, era interessat­o alle nostre opinioni, non voleva essere lui il protagonis­ta. Anche con me ha speso tempo e parole: mi ha chiesto come mai ho scelto di lanciarmi in questa avventura e mi ha fatto molte domande sulla politica economica e fiscale italiana», spiega la Tommasi. «Osservadol­o, ho capito che la sua grande forza è la famiglia. Sono molto uniti. Sono certa che senza la sua famiglia, Trump non ce l’avrebbe fatta. È legatissim­o alla moglie, ai figli e ai nipotini. In particolar­e c’è una dei suoi otto nipoti, Kai, 9 anni, che vuole seguirlo ovunque. «Il rapporto più stretto, però, Trump lo ha con la figlia Ivanka. È lei la sua principale consiglier­a, come si è capito bene in questi giorni. Ivanka e i suoi due fratelli ( tutti e tre sono figli della ex moglie Ivana, ndr), non hanno mai mancato una riunione o un comizio ma se Trump doveva apparire in pubblico o c’era un problema, è con Ivanka che si consultava. La moglie Melania e tutta la tribù dei figli, dei nipoti, dei generi e delle nuore, gli sono stati molto vicini. La moglie, però, non è interessat­a alla politica. Non so quanto sia contenta di ritrovarsi nei panni della first lady. È una donna riservata, è stata una fatica convincerl­a a scendere in campo per il marito, aveva molta paura la sera in cui ha parlato in pubblico. Di Trump mi ha colpito che ascolta molto più di quanto parla. E che non ha mai perso la speranza di vincere, nemmeno quando i sondaggi davano la Clinton in forte vantaggio. L’hanno accusato di non essere preparato? Io l’ho sempre visto leggere e studiare, anche durante gli spostament­i in aereo. Non è un uomo che improvvisa. E se c’è una cosa che mi ha insegnato è che se lavori con passione, hai delle idee forti e una famiglia unita, puoi arrivare ovunque. Dopo il suo primo discorso da presidente, è venuto dietro il palco e mi ha tenuto la mano stretta per cinque minuti. E anche in quel frangente, sebbene fosse il neopreside­nte degli Stati Uniti, taceva e ascoltava i commenti delle persone che aveva intorno. È stata un’esperienza indimentic­abile».

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