«ERA IL MIO PRIMO VOTO»
Serena Scoccimarro, 47, italiana che vive a New York da dieci anni. È la prima volta che vota negli Usa.
Martedì 8 novembre 2016: il giorno del mio 47° compleanno! I miei due teenager si svegliano tardi: tanti auguri mamma, scusaci, abbiamo scordato il regalo. Ma che importa, il vero regalo arriverà in nottata: il primo presidente donna nella storia degli Stati Uniti d’America! Al seggio, sorrido in continuazione, emozionata e felice. Ho preso la cittadinanza due anni fa, è la mia prima volta da elettrice americana. Prendo una manciata di adesivi “I VOTED” e a casa li appiccico dovunque, a testimonianza di questa giornata memorabile, per poter dire: “Hey! C’ero anch’io!”. Ora di cena. Con mio marito e i ragazzi ci raccogliamo a tavola davanti alla tv, per seguire la serata della vittoria. Le dieci candeline sulla torta rappresentano i miei primi dieci anni a New York. Lo champagne è pronto. Il morale è alto. I seggi chiudono uno dopo l’altro. La diretta televisiva è durissima da seguire: i commentatori sparano percentuali a raffica. Siamo confusi. I nostri cellulari continuano a vibrare. Amici preoccupati si domandano cosa stia succedendo. Niente paura, i numeri non tornano per via del collegio elettorale, è normale. Ma… Tragedia. Siamo allibiti. Mia figlia piange. Siamo senza parole. Il mattino dopo ci risvegliamo in un mondo surreale. New York è in uno stato di paresi collettiva. Tornata da scuola mia figlia racconta dell’angoscia che improvvisamente attanaglia i suoi compagni messicani, figli di genitori senza green card. Le mie due amiche ebree ortodosse che si amano da vent’anni, pubblicano un post apocalittico su Facebook: temono per l’incolumità dei loro tre figli. Il ragazzo che lavora al negozio sottocasa, medita di tornare in Yemen. Noi ci sentiamo perduti. Improvvisamente, non riconosciamo più il posto dove viviamo. Respiriamo un senso di paura. E capiamo che per riprenderci c’è solo una cosa da fare: attivarci! A una settimana dalle elezioni, armati di uno sconosciuto entusiasmo, partecipiamo alla prima riunione politica della nostra vita. Sentiamo parole che ci confortano - solidarietà, unione, uguaglianza, dignità - e parole che ci surriscaldano - resistere, agire, protestare. Siamo pronti.