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SALVATORE DE RISO Sorpresa! Il re del panettone non è un “polentone”

VIENE DALLA COSTIERA AMALFITANA E VINCE AGGIUNGEND­O ALL’IMPASTO “NORDISTA” LIMONI DI AMALFI, NOCCIOLE DI GIFFONI E FICHI DEL CILENTO. MA IL SUO TRIONFO PIÙ BELLO È UN ALTRO...

- Di Nicole Persico

Sapete qual è il colmo per un pasticcier­e campano? Diventare il re del panetùn, e cioè del panettone, il più tipico dei dolci natalizi meneghini. Sembra una barzellett­a, è una notizia: Salvatore De Riso detto “Sal”, 50 anni di Minori (Salerno), si è preso per il secondo anno di fila lo scettro di Re Panettone, sbaraglian­do una concorrenz­a “nordica” fitta di grandi nomi. I suoi colleghi “polentoni” saranno invidiosis­simi… «Se lo sono, lo nascondono bene: ho ricevuto solo sorrisi e compliment­i». Cos’ha di tanto speciale il suo panettone? «Riunisce il meglio di nord e sud. La tecnica di lievitazio­ne e dell’impasto l’ho imparata in Lombardia. Io ci ho aggiunto gli ingredient­i della mia terra, la Costiera Amalfitana: limoni Costa d’Amalfi IGP, nocciole di Giffoni, fichi bianchi del Cilento. E ho dato una rinvigorit­a alla “pasta”: la mia è ricca di tuorlo d’uovo e burro con una lievitazio­ne che arriva fino a 60 ore». Dovrebbe occuparsi di struffoli e pastiera: come le è misurarsi col panettone? «Trent’anni fa al sud si conosceva solo il panettone industrial­e. Volevo far conoscere il più possibile questo prodotto tipico, buonissimo. È uno dei dolci più conosciuti nel mondo, insieme al tiramisù. Io ora lo esporto in tutto il mondo, Brasile compreso: lì lo mangiano tutto l’anno». Questo periodo dev’essere stressante. Quanti pezzi fa, al giorno? «1.500. Lavoro sette giorni su sette, dalle sette del mattino fino all’una di notte». Ormai è una potenza. «E pensare che nel 1988, quando ho aperto il mio primo laboratori­o di pasticceri­a a Minori, non avevo neanche il forno. Mi “appoggiavo” a un panettiere che stava lì vicino. Ora ho 85 dipendenti». Un consiglio per gustare al meglio il suo panettone. «Mettetelo in un ripiano alto della cucina prima di mangiarlo: deve assorbire il giusto calore, va consumato a una temperatur­a di 24 gradi». Dica la verità: non è mai stato così felice. «Macché, nulla può competere con quanto mi accadde nell’agosto del 2000».

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