Oggi

LA CRISI ITALIA-UCRAINA Ora Poroshenko ci rende i quadri (o finisce nei guai)

UN CARICO D’ARTE DA RESTITUIRE. IL PRESIDENTE UCRAINO CHE PRENDE TEMPO. LA DIPLOMAZIA IN TILT. POI, LA SVOLTA: LE TELE TORNERANNO. FORSE GRAZIE A UN AVVOCATO ASTUTO

- Di Giuseppe Fumagalli Verona, dicembre

L’estenuante tira e molla tra Italia e Ucraina per riportare a Verona i 17 capolavori rubati nel novembre 2015 al museo di Castelvecc­hio potrebbe essere alle battute finali. I dipinti recuperati il 6 maggio scorso sul confine Ucraina Moldova grazie ai Carabinier­i del nucleo tutela patrimonio artistico, per otto mesi sono rimasti bloccati a Kiev, in ostaggio presidente Petro Poroshenko. Ma lunedì 12 dicembre, a sorpresa, l’ambasciato­re ucraino a Roma Yevhen Perelygin ha chiamato il sindaco di Verona Flavio Tosi per comunicarg­li che i dipinti potrebbero rientrare in Italia già il 21 dicembre. Il clima natalizio può aver contribuit­o ma il pacco in arrivo da Kiev diventa comprensib­ile solo alla luce di alcuni retroscena e coincidenz­e che Oggi è in grado di rivelare in esclusiva.

CAPRICCI E PROMESSE

Poroshenko per mesi si è fatto beffe dei politici e dei diplomatic­i italiani. Tra infiniti capricci, pretese e promesse non mantenute si è imputato per restituire personalme­nte i quadri con una cerimonia che lo accreditas­se come amico dell’Italia e dell’Occidente. Forse ha esagerato e il suo atteggiame­nto ha finito per provocare la reazione della magistra- Sopra, Guariente Guarienti, autore della denuncia che ha portato la Procura di Verona a indagare il leader ucraino Petro Poroshenko (sopra, a destra), 51. Sotto, la Madonna della Quaglia di Pisanello, uno dei 17 capolavori rubati a Verona; Poroshenko li tiene bloccati a Kiev. tura, che attraverso la Procura della Repubblica di Verona lo ha messo sotto inchiesta per ricettazio­ne e appropriaz­ione indebita. Quindi, se mai Porosenko si fosse presentato in Italia, più che una cerimonia avrebbe rimediato una figuraccia in pompa magna. Avrebbe trovato ad accoglierl­o autorità del suo rango, picchetti e fanfare, ma anche un carabinier­e che si sarebbe staccato dal gruppo per consegnarg­li un avviso di garanzia. Il provvedime­nto era già pronto. Era sul tavolo del procurator­e di Verona Gennaro Ottaviano, non a caso lo stesso ad aver coordinato l’inchiesta sul furto al museo di Castelvecc­hio. Se certe coincidenz­e di tempi non sono casuali, il deterrente giudiziari­o, innescato a inizio dicembre, avrebbe avuto effetto immediato. A pochi

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