Oggi

Disastro di Viareggio

IL 29 GIUGNO 2009, UN TRENO CARICO DI GPL CAUSÒ UN INCENDIO E 32 VITTIME. IBI AYAD PERSE GENITORI E FRATELLI. E SUI SETTE ANNI A MAURO MORETTI, EX AMMINISTRA­TORE, COMMENTA: « ANCHE 16 SAREBBERO STATI POCHI». PERCHÉ, DICE, «PERFINO IN TRIBUNALE NESSUNO MOS

- Viareggio (Lucca), febbraio

Dopo la sentenza, parla la sopravdi Paola Manciagli vissuta Ibi

E possible tornare ad vere una vita serena quando hai subìto un grandissim­o male? Ibi Ayad, unica sopravviss­uta di tutta la sua famiglia alle fiamme e alla morte divampate dalla stazione di Viareggio nel 2009, ci sta provando tenacement­e: in questi anni ha sposato il suo ragazzo, è diventata mamma, si è avvicinata ai suoi parenti in Marocco.

È una lotta dura: «La gente mi crede forte», dice. «Ma se mi vedesse dentro direbbe che non sono forte per nulla». È ancora più difficile dormire la notte da quando i colpevoli di quella strage sono stati condannati «a poco o nulla», s’indigna. La sentenza di primo grado è calata su 23 persone. A Mauro Moretti, ex amministra­tore di Rfi prima e di Fs all’epoca dei fatti, sono stati inflitti 7 anni. «Ma sono morte 32 persone», freme Ibi, «ci hanno stravolto la vita, ci hanno tolto i cari, ci hanno lasciato senza i genitori, senza i fratelli. Quello che vivo è inspiegabi­le. Non trovo le parole, mi vengono solo le lacrime». Il ricordo dei suoi familiari la conforta ma, allo stesso tempo, la scava dentro: «Li guardo e riguardo nelle poche foto che mi sono rimaste come se stessi guardando loro veramente, come una matta… Torno sempre al parco di via Ponchielli perché ci andavamo con la mia sorellina Iman, con mio fratello Hamza e la mamma, dopo cena portavamo i dolci… ». Le mancano sempre. Le mancano durante le feste, quando «vedi gli altri con i loro genitori, con i fratelli e tu sei sola». Le mancano nella vita che va avanti: «Vedo mia cugina con la mamma che le dà una mano, che le tiene il bimbo, e penso: “Quando io faccio i figli, in ospedale vengono poche persone…”». La rabbia «è una brutta cosa», dice, «non ti lascia serena, sei sempre nervosa, non hai voglia di fare mai nulla. Ma quelli della ferrovia avrebbero dovuto sapere che vicino alle case passava un treno così pericoloso, no?». Alle 23.49 del 29 giugno 2009, quel treno carico di Gpl deragliò proprio dietro la sua casa, in via Ponchielli, e fu l’inferno. Ibi si ritrovò in mez-

«CI HANNO STRAVOLTO LA VITA. CI HANNO TOLTO I CARI, CI HANNO LASCIATO SENZA FAMIGLIA»

zo alla strada, tra gente che urlava e case che bruciavano, da sola. Aveva perso tutto: papà Mohamed, «e lo so che ci sono tanti immigrati bravi, ma per lui qui a Viareggio stravedeva­no tutti», mamma Haziza «che oggi mi aiuterebbe tanto», Hamza, «che era riuscito a scappare assieme a me, ma poi è rientrato in casa per cercare di salvare la nostra sorellina Iman». È inutile provare a descrivere il dolore di Ibi. Aveva appena 21 anni. Ha fatto di tutto per ricostruir­si una famiglia. Ha accettato il risarcimen­to dell’assicurazi­one delle Ferrovie per non aspettare tutti gli anni del processo, ha chiamato i suoi figli come i suoi familiari, perché «pronunciar­e quei nomi mi dà gioia»: Mohamed Hamza ha 6 anni e Iman ha un anno e mezzo. «Pensavo che col tempo il dolore si sarebbe calmato», dice. «Invece no, la mancanza non diminuisce. Mio figlio mi chiede: “Perché papà ha la mamma, e tu no? Perché lui ha il papà, e tu no?”. Io ho provato a spiegargli, ma non può capire fino in fondo, e continua a chiedermi dove sono andati. Un giorno eravamo a passeggio e lui piangeva perché voleva per forza andare a trovare mia sorella... E chi lo ripaga questo, i sette anni a Moretti? No. Anche se gli avessero dato i 16 anni chiesti dal Pm, sarebbe stato troppo poco. Una condanna più dura mi darebbe almeno l’impression­e che il mio dolore venga rispettato. Non riavrò mai più la mia famiglia, e, a parte Marco Piagentini, Daniela Rombi e gli altri dell’associazio­ne delle vittime, nessuno mostra rispetto. I giudici, quando li ascolti in aula, non ti sembra che parlino di un disastro. È come se fosse morto un cane, anzi nemmeno perché un mio amico ne ha perso uno e ho visto quanto ha sofferto. Per loro è come se la nostra sofferenza fosse nulla».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy