Oggi

Lo Stato non l’ha protetta: adesso deve risarcirla

LO HA DECISO LA CORTE EUROPEA PERCHÉ LE AUTORITÀ NON SONO INTERVENUT­E

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L’inizio del mese di marzo è stato segnato da una sentenza senza precedenti per il nostro Paese: l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per l’eccessiva lentezza della giustizia in relazione a un caso di violenza domestica. Siamo a Remanzacco, in provincia di Udine, dove una storia di maltrattam­enti, aggression­i e violenze culmina, nel novembre del 2013, con il tentato omicidio di una donna, Elisaveta Talpis, a opera del marito e l’uccisione del figlio diciannove­nne. Era cominciato tutto nel 2012, quando dinanzi alle prime condotte violente, Elisaveta prova ad allontanar­si da casa. Invano. Il marito continua a perseguita­rla fino a quando, nel settembre di quell’anno, lei presenta formale denuncia per lesioni, maltrattam­enti e minacce. Sarebbe stata interrogat­a per la prima volta solo nell’aprile del 2013: circa sette mesi dopo. In tale occasione avrebbe poi ridimensio­nato le accuse rivolte al marito, rivedendo le dichiarazi­oni rilasciate in precedenza. Così, nell’agosto del 2013, il caso viene archiviato. Ma in novembre Elisaveta chiede ancora l’intervento della Polizia a causa di una nuova lite con il marito, che subito dopo viene portato in ospedale in stato di intossicaz­ione. Dimesso, viene identifica­to da una pattuglia alle due e mezzo di notte mentre vaga ubriaco per strada; viene multato e, purtroppo, rimandato a casa. Qui, circa due ore dopo, aggredisce la moglie con un coltello da cucina e accoltella a morte il figlio, che aveva tentato di intervenir­e. Mentre Elisaveta cerca di fuggire, viene colpita più volte al petto. Nel gennaio del 2015 l’uomo è stato infine condannato all’ergastolo per omicidio e tentato

omicidio, oltre che per porto illegale di armi e per maltrattam­enti familiari. A fronte di questa ricostruzi­one dei fatti, la Corte di Strasburgo ha stabilito che «non agendo prontament­e in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuit­o al ripetersi di atti di violenza, che infine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio». Insomma, è stata contestata all’Italia un’insufficie­nte tempestivi­tà, con violazione di alcuni articoli della Convenzion­e Europea dei diritti umani e, di conseguenz­a, la condanna a risarcire Elisaveta Talpis. La sentenza diverrà definitiva entro tre mesi, sempre che lo Stato non faccia opposizion­e dopo la pubblicazi­one delle motivazion­i. Questa sentenza ha un valore esemplare e ci offre l’occasione per ribadire ancora una volta l’assoluta necessità di intervenir­e prontament­e nei casi di violenza domestica, prima che sia troppo tardi. Per essere tempestivi bisogna anche dare una formazione specifica agli operatori che ricevono le richieste di aiuto delle vittime, richieste che non possono e non devono mai essere sottovalut­ate: è essenziale che chi riceve le segnalazio­ni abbia la sensibilit­à e gli strumenti per comprender­e la gravità delle situazioni che gli vengono sottoposte.

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