STOP AL REFLUSSO Con la chirurgia mini-invasiva si può risolvere per sempre il problema
SE DIETA E FARMACI NON BASTANO, CONTRO ACIDITÀ E BRUCIORI DI STOMACO SI PUÒ RICORRERE A UN PICCOLO INTERVENTO. A PATTO DI RIVOLGERSI A CENTRI QUALIFICATI
Bruciore di stomaco, acidità dopo aver mangiato che risale fino in gola, dolore dietro allo sterno: sono i sintomi del reflusso gastroesofageo, patologia comune ma complessa. «È una malattia multiforme, sia come sintomi sia come cura», conferma Mario Morino, direttore del Centro per la Chirurgia mini-invasiva digestiva e oncologica dell’Ospedale le Molinette di Torino. «Oltre al bruciore all’altezza dello sterno e al senso di acidità, c’è chi avverte gonfiore dopo i pasti, digestione difficoltosa a letto, senso di bocca amara al risveglio. Ma ci sono sintomi atipici, come tosse cronica (l’acido irrita faringe e corde vocali), manifestazioni asmatiche, aritmie».
OCCHIO AL PESO
«È un problema funzionale e anatomico che può avere molte cause», spiega Francesco Corcione, direttore dell’Unità di Chirurgia Generale dell’Ospedale Monaldi dei Colli di Napoli. «La più tipica è un malfunzionamento dello sfintere esofageo inferiore ( vedi riquadro, nella pagina accanto) ». Che cosa causa il difetto? «In alcuni casi esiste dalla nascita; in altri, la “valvola” che regola il transito del cibo perde efficacia con l’età, le gravidanze, per dimagrimenti e aumenti di peso, o altri eventi che determinano un aumento della pressione addominale, un’alterazione del diaframma e quindi dello svuotamento dello stomaco. In altri pazienti, il problema si associa all’ernia iatale: il diaframma, il muscolo che “solleva” la cassa toracica quando respiriamo, ha un piccolo passaggio per l’esofago (iato esofageo). In alcuni casi, quest’ultimo si allarga e parte dello stomaco risale al torace: respirando, quindi, si favorisce il reflusso gastroesofageo».
I FARMACI PIÙ INDICATI
«Se non ci sono altri disturbi, si usano farmaci ad hoc, gli inibitori della pompa protonica che annullano l’acidità dello stomaco, come pantoprazolo, omeprazolo o prodotti a base di base di idrossido di magnesio e alluminio», spiega il professor Mario Morino. In molti casi sono risolutivi. «Se però il disturbo ritorna quando si sospende il farmaco, può essere utile sottoporsi a un’endoscopia che permette di individuare una esofagite, infiammazione dell’esofago, l’eventualità che la valvola sia ipotonica (cioè non
“chiuda” bene) e la possibile presenza di ernia iatale», avverte l’esperto.
QUANDO SERVE L’INTERVENTO
Per risolvere definitivamente il problema può servire la chirurgia mini-invasiva. Spiega il professor Morino: «L’intervento si fa in laparoscopia, inserendo una piccola telecamera attraverso tre piccoli fori. Se c’è ernia iatale, si riporta lo stomaco nella sua sede ripristinando l’apertura corretta dello iato esofageo e si ricostruisce la valvola utilizzando una parte del muscolo dello stomaco». Chi sono i candidati ideali? «I giovani con reflussi importanti e la prospettiva di dover prendere i farmaci a vita», risponde Corcione. «Chi ha grosse ernie iatali che a volte causano disturbi alla deglutizione e disfagia, chi soffre di esofagite al terzo o quarto stadio o chi non trae benefici dai medicinali». «L’intervento è risolutivo se la valvola non funziona e se il reflusso è acido: se invece è misto acido-alcalino, in presenza di succhi biliari, l’operazione non è efficace», aggiunge Morino. «Prima di procedere sono indispensabili due esami: la manometria (un sondino valuta la valvola e la dimensione dell’ernia) e la
PH-metria, che misura la correlazione tra reflusso acido e sintomo». La manometria permette anche al chirurgo di realizzare una plastica antireflusso su misura. Attenzione, però: è fondamentale individuare un centro qualificato. «In Italia ci sono vari ospedali con esperienza di interventi laparoscopici che offrono tali esami», conclude Corcione. «Con queste premesse, la chirurgia mini-invasiva può essere risolutiva».