Oggi

Barbara Tabita

È SUCCESSO L’ANNO SCORSO E LEI NON SI È ARRESA. COME QUANDO RESTÒ DISOCCUPAT­A: «FECI UN MASTER E FONDAI LA MIA AZIENDA», DICE. MA CON IL FIDANZATO CHE LA TRADÌ CON DUE DONNE...

- Di Alessandro Penna

«La mia quarta vita dopo l’ischemia» di Alessandro Penna

Passavo da un mestiere all’altro, correvo come una matta, non mi fermavo mai. Poi, un bel giorno, il cervello mi ha detto: “Basta, ti blocco io!”». Le ha insegnato a rallentare? «Macché, si è proprio spento: il 27 marzo dell’anno scorso ho avuto un’ischemia cerebrale». Le donne sono creature difficili da riassumere, ma Barbara Tabita proprio non si può: sarebbe come fare il bignami di un uragano. Attrice di teatro e di successi cinetelevi­sivi ( I Cesaroni, due film con Pieraccion­i, uno con Ficarra e Picone, un Montalbano, l’esordio di Pif, svariati blockbuste­r natalizi), impresaria nel ramo marketing cinematogr­afico, negoziante di balocchi, commercial­ista di se stessa: questa siciliana di 42 anni ha già vissuto e bruciato tre vite, e ci racconta la quarta. Mi diceva del 27 marzo... «Stavo ripassando la contabilit­à della mia azienda e a un certo punto ho cominciato a confondere i mesi. Mi chiedevo: “Ma febbraio viene prima o dopo marzo?”. Quando ho sentito i formicolii alla mano, ho capito che mi sarebbe venuto un colpo: a 20 anni avevo già avuto un’ischemia cerebrale». A vent’anni? «Stavo a Bologna, studiavo cinema. Rientrai in Sicilia, i miei mi aprirono un negozio di giocattoli a Catania. Ma quella è la mia prima vita». Torniamo alla quarta. «Quando ho cominciato a vedere tutto appannato, mi sono vestita, ho preparato la valigia per l’ospedale e chiamato il mio migliore amico: “Antonio vieni, sto per morire”. Per guadagnare tempo, mi sono fatta trovare giù, davanti al portone. In clinica mi hanno salvato la pelle. La colpa dei miei Tia ( ischemia cerebrale transitori­a, ndr) è di un genotipo mutato». Le ha lasciato qualche sequela, l’ischemia? «Fatico un po’ coi numeri. E ora riesco a concepire solo un pensiero per volta. Il medico mi ha detto: “Tranquilla, adesso sei una di noi: un maschio”. Riprenders­i non è stato facile: avevo paura di non poter contare più sulla mia memoria e dovevo tener segreta la mia disavventu­ra». Perché? «Temevo non mi avrebbero più fatto lavorare. Sa com’è, ho già sperimenta­to la disoccupaz­ione». Il 2010 fu il suo anno trionfale: I Cesaroni, Io e Marilyn con Pieraccion­i, Natale in Sudafrica. «Quando tornai da Città del Capo, mi

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