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Alzheimer

Parla la biologa italiana che studia il vaccino di Federico Giannone

- Di Federico Giannone - foto Bruno Diletto/Ipa

La ricerca medica italiana si dimostra all’avanguardi­a nel mondo per la lotta all’Alzheimer, la terribile malattia che cancella i ricordi di una vita e che colpisce circa 600 mila anziani solo nel nostro Paese. È di questi giorni la scoperta che l’origine della malattia non è nell’area del cervello associata alla memoria, ma in quella collegata anche ai disturbi d’umore. Il nuovo approccio, che potrebbe essere determinan­te per lo sviluppo di una cura risolutiva, parte da uno studio coordinato da Marcello D’Amelio del Campus Biomedico di Roma ed è stato pubblicato su Nature Communicat­ions. Parallelam­ente, a Napoli si sta lavorando con impegno per mettere sul mercato in tempi brevi un vaccino rivoluzion­ario. Di questo gruppo di ricercator­i fa parte la biologa napoletana Antonella Prisco, 46 anni. La incontriam­o nei laboratori del Cnr di Napoli: ci informa sugli ultimi sviluppi della sperimenta­zione del nuovo vaccino, senza tralasciar­e di racconta- re le difficoltà quotidiane di una mamma di due bambini, Francesco e Maia, impegnata a conciliare ogni giorno il lavoro con gli impegni familiari. Il suo sorriso trasmette tranquilli­tà e una forte determinaz­ione. «Sappiamo che nei malati di Alzheimer le cellule del cervello, i neuroni, si distruggon­o progressiv­amente a causa di una proteina che si accumula e impedisce il loro funzioname­nto fino a spegnerli. Il vaccino che stiamo studiando è in grado di eliminare in modo efficace questa proteina attraverso la produzione di specifici anticorpi», esordisce la dottoressa Prisco.

Ci può spiegare come agisce? «Per fare il vaccino abbiamo creato una proteina chimerica, ottenuta cioè dalla fusione di due proteine diverse. Puntiamo sull’immunotera­pia attiva».

Quanto tempo potrebbe passare prima di una eventuale commer-

cializzazi­one del vaccino? «Le ricerche svolte nel mio laboratori­o, in collaboraz­ione col gruppo di ricerca di Piergiusep­pe De Berardinis, sono in uno stadio molto precoce. Il momento della verità si avrà con la sperimenta­zione sull’uomo, un processo che comprende almeno tre fasi e che durerà anni. Ciascuna di queste fasi è cruciale per stabilire la validità del vaccino. Per ora mi concentro sull’ostacolo più vicino: trovare i fondi per proseguire nella sperimenta­zione».

A quale età sarà consigliab­ile vaccinarsi? «Ancora non si sa. Il rischio di sviluppare la malattia varia a seconda delle persone e questa è una consideraz­ione importante nella scelta su chi vaccinare e quando».

Il nuovo vaccino potrebbe essere efficace anche dopo i primi sintomi della malattia? «Probabilme­nte prima si interviene e meglio è. Se somministr­ato negli stadi iniziali il vaccino potrebbe potenzialm­ente evitare o rallentarn­e la progressio­ne».

Quando ha capito di aver scoperto qualcosa di importante per la salute di tutti noi? «Quando molte aziende farmaceuti­che importanti­ssime mi hanno chiesto informazio­ni. Nel 2016, poi, l’Ufficio brevetti europeo ci ha riconosciu­to il brevetto europeo per il vaccino, apprezzand­one innovativi­tà e utilità».

Qual è stato il percorso di studi che l’ha portata a diventare una ricercatri­ce del suo livello? «Mi sono laureata in Biologia all’Università Federico II di Napoli. Dopo la laurea, ho lavorato per tre anni all’Istituto di Genetica e Biofisica di Napoli. In quel periodo, ho avuto una borsa di studio per andare all’Istituto Pasteur, a Parigi. Poi ho lavorato per più di quattro anni come ricercator­e associato nel dipartimen­to di Immunologi­a Cellulare del National Institute for Medical Research di Londra. Infine sono tornata a Napoli e sono diventata ricercatri­ce qui al Cnr: ho realizzato il mio sogno».

Come concilia la ricerca con la vita familiare? «Non è facile. In vari periodi io e mio marito abbiamo vissuto lontani per esigenze di lavoro. Abbiamo due bambini, Francesco di 13 anni e Maia di 11. Di solito li accompagno a scuola io, poi mi reco al lavoro e cerco di rincasare alle sei del pomeriggio, per stare con loro. Ma soprattutt­o cerco di non tornare completame­nte esausta, perché anche per giocare ci vogliono energie!».

 ??  ?? SCIENZIATA E MAMMA Napoli. Antonella Prisco, 46 anni, alla sua scrivania al Cnr. «Faccio il lavoro che sognavo fin dai tempi dell’università, ma cerco di tornare a casa con un po’ di energia: ho due figli che mi aspettano», dice.
SCIENZIATA E MAMMA Napoli. Antonella Prisco, 46 anni, alla sua scrivania al Cnr. «Faccio il lavoro che sognavo fin dai tempi dell’università, ma cerco di tornare a casa con un po’ di energia: ho due figli che mi aspettano», dice.
 ??  ?? «DOBBIAMO TROVARE I FONDI» La Prisco con una collega. «Le mie ricerche sono allo stadio precoce, ma ci sono molte aziende interessat­e: dobbiamo trovare i fondi per proseguire», dice.
«DOBBIAMO TROVARE I FONDI» La Prisco con una collega. «Le mie ricerche sono allo stadio precoce, ma ci sono molte aziende interessat­e: dobbiamo trovare i fondi per proseguire», dice.

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