ALLA RICERCA DEL GATTO PERFETTO
Come si sa, ciò che ci affascina del gatto è il portamento regale di chi ritiene tutto dovuto. Tiene la coda diritta (se scodinzola è incazzatissimo), si concede alle carezze e fa le fusa quando decide lui. Per quanto gli prepari la cuccia, dorme dove gli gira: sulla Frau, sull’opera omnia di Tolstoj, oppure va sul classico, il piumone matrimoniale. Più semplice ammaestrare una foca di un gatto. In compenso ci siamo sbizzarriti nel modificare le sue fattezze secondo demenziali canoni estetici. È recente l’allarme lanciato da un’équipe di etologi durante un concorso di bellezza in Inghilterra. Il fanatismo degli allevatori nella selezione delle razze porta al loro progressivo indebolimento e, nel lungo termine, alla loro estinzione. La diffusione della chirurgia estetica fra gli umani ha incrementato la ricerca della perfezione (?) artificiale anche negli animali. Con una (ovvia) differenza: una bocca ad air bag o le tette a mango costituiscono un intervento a posteriori sui “modesti” risultati di madre natura. In altre parole la figlia della strafemmina siliconata sarà per fortuna una bambina normalissima. Al contrario, per ottenere zampe e code più lunghe o più corte si procede a un’autentica mutazione genetica. Le esasperazioni degli allevatori sono direttamente proporzionali alla stoltezza dei padroni che pretendono l’esemplare da collezione. Il sogno è un gatto in fibra di carbonio, metallizzato, con zampe in lega. Un amico veterinario mi porta l’esempio del persiano. A forza di rincagnarglielo, il naso è sparito e in compenso sporgono gli occhi a periscopio. Risultato: gli infelici gatti ristrutturati respirano malissimo e lacrimano in continuazione. Penso alla ricerca della rosa assoluta; spettacolosa, ma senza profumo. E ai pomodori splendidi ma insapori. Forse anche i gatti da concorso verranno declassati al regno vegetale.