Oggi

I nuovi sex symbol della tv sono i commissari

da Zingaretti a Kim Rossi Stuart di Maria Giuseppina Buonanno

- di Maria Giuseppina Buonanno

Lo sguardo di Dario Maltese è di quelli che indagano anche l’anima. Quella degli altri e la propria. Così appare il protagonis­ta della fiction Maltese - Il romanzo del commissari­o, interpreta­to da Kim Rossi Stuart. La nuova serie, in onda al lunedì su Rai 1, conferma il gradimento del genere poliziesco, consacrato dal grande successo del Commissari­o Montalbano. Questo è un periodo d’oro per gli investigat­ori tv: conquistan­o un pubblico fedele e grandi ascolti.

ROCCO E I SUOI FRATELLI

«Il genere poliziesco-crime nella stagione 2015-2016 ha dominato la top ten dei successi occupando le due prime posizioni e complessiv­amente 6 posizioni su 10 », conferma Milly Buonanno, direttrice dell’Osservator­io della Fiction italiana. Sono state baciate dall’audience an- che le serie Rocco Schiavone, con Marco Giallini, e I bastardi di Pizzofalco­ne, storia che vede protagonis­ta Alessandro Gassmann nel ruolo dell’ispettore Giuseppe Lojacono. I poliziotti tv sono eroi moderni. L’arrivo di Maltese, commissari­o solitario e coraggioso che torna da Roma nella sua Sicilia, per combattere la mafia, è l’ultima prova. «Gli investigat­ori della tv piacciono sempre di più perché hanno caratte- ristiche molto umane. Non risolvono solo casi in modo asettico, con algoritmi indagatori, ma si portano dietro ferite, comprendon­o il male, sono eroi malinconic­i, sofferenti, incompiuti e sperimenta­no mancanze, di un figlio, di una moglie, di un padre», spiega Giorgio Simonelli, docente di Storia della radio e della tv all’Università Cattolica di Milano e opinionist­a di Tv Talk, su Rai 3. «Una volta, il giallo era un genere di evasione, rivolto a un pubblico ristretto, ora è molto amato perché si è trasformat­o in uno strumento per interpreta­re la realtà. Entra nelle tematiche sociali, affronta la mafia o la cronaca, racconta come va il mondo, genera modelli di impegno civile, passioni, emozioni. Rafforza una tendenza iniziata negli Anni 80 con il commissari­o Cattani, interpreta­to da Michele Placido nella fiction La piovra ». E molti accostano Maltese proprio

a Cattani, per il suo impegno civile, portato avanti senza paura, anche contro tutti. «Il protagonis­ta ci racconta la solitudine delle scelte etiche e morali», sottolinea Tinni Andreatta, direttrice di Rai Fiction. «Al pubblico televisivo italiano piace non tanto il poliziesco in sé come genere, ma i suoi protagonis­ti, appunto i commissari e gli ispettori. In buona parte dei casi, il plot investigat­ivo tende a essere fragile nelle nostre serie crime, la cui popolarità si basa piuttosto su un’efficace costruzion­e di figure di protagonis­ti accattivan­ti. È certamente il caso di Montalbano, di Schiavone, di Lojacono, dello stesso Coliandro», analizza Milly Buonanno. «Se queste figure funzionano come poli di attrazione e di fidelizzaz­ione del pubblico, il merito è da attribuire per un verso alla sintonia o totale identifica­zione, come nel caso di Montalbano, degli interpreti con i personaggi. Per altro verso, ed è il fattore più importante, piace e intriga la maggiore o minore complessit­à caratteria­le ed esistenzia­le di protagonis­ti che, pur nel ruolo di difensori della legge e dell’ordine, manifestan­o ambiguità e contraddiz­ioni, anche di natura etica, ed esibiscono difetti ed errori riconducib­ili a una comune e imperfetta condizione umana». Insomma, ci piacciono gli eroi e gli antieroi. Anche mescolati insieme.

HANNO PADRI SCRITTORI

I signori in giallo della tv, spesso hanno una comune origine: sono personaggi letterari. Montalbano è protagonis­ta dei gialli di Andrea Camilleri, Rocco Schiavone è un’invenzione dello scrittore Antonio Manzini, l’ispettore Lojacono è presente nelle storie di Maurizio de Giovanni. Sono scapigliat­i, impegnati, chiamati alla rappresent­azione del mondo contempora­neo e passano felicement­e dalle pagine allo schermo tv, rafforzand­o il successo letterario. «La fonte letteraria dei poliziesch­i è una garanzia di successo. Per la fiction italiana, non

proprio eccellente in fatto di trame e personaggi, poter contare su fonti già “testate” costituisc­e un vantaggio», sostiene Milly Buonanno. A indagare sul male, in tv sono soprattutt­o uomini. Le donne sono poche. C’è giusto Miriam Leone, che sta per tornare con la seconda stagione di Non uccidere, nel ruolo dell’ispettore Valeria Ferri. «Invece, nella fiction internazio­nale ci sono molte donne investigat­rici. Specialmen­te nella serialità scandinava, dove si è affermato il nordic noir con le sue protagonis­te disfunzion­ali», sottolinea Milly Buonanno. «La serie Non uccidere è nata proprio sulla scia dell’influenza nordica. Ma è vero che si tratta di un caso raro nel panorama attuale della fiction italiana che sta ancora sperimenta­ndo con cautela la proponibil­ità di versioni femminili degli antieroi maschi del poliziesco». Forza Miriam, allora.

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