Oggi

Flavio Briatore:

«La vera ricchezza è la mia famiglia» di Andrea Greco

- Di Andrea Greco

Lui, Flavio Briatore, il Trump italiano, probabilme­nte aspettava questo momento da tempo. Per anni è stato trattato con accondisce­ndenza dai salotti che contano, e ora che a guidare gli Stati Uniti c’è un suo vecchio amico, e che la gente è stanca dei minuetti di politici ed esperti, si toglie qualche soddisfazi­one. Una è stata quella di pubblicare per i tipi della Sperling & Kupfer il saggio Sulla ricchezza, scritto con il giornalist­a Carmelo Abbate. Di che si tratta? Non è solo un’ode alla pecunia, come ci si aspettereb­be dal titolo, quanto piuttosto una secchiata d’acqua ghiacciata in faccia agli italiani, e se siete del Sud, la razione è doppia. La tesi del libro? Siamo una nazione in piena decadenza, che fa del sopravvive­re l’obiettivo massimo, dove tutti si lamentano ma pochi si rimboccano le mani. Mentre noi pestiamo i piedi, senza muoverci di un centimetro, gli altri i piedi li usano per correre, e ora sono lontani. Lei scrive che dobbiamo cambiare, da dove iniziamo? «Potremmo iniziare dal totem: la Costituzio­ne. È stata scritta in un’Italia che usciva dalla guerra, tutta da ricostruir­e. Sono passati sessant’anni, il mondo è cambiato, la dittatura lon- tanissima, ma se qualcuno propone di modificare la carta subito viene accusato di attentare alla democrazia. Dovremmo occuparci d’altro». Ad esempio dei viadotti che crollano? Uno è caduto a 20 chilometri da dove è nato. «Crollano i viadotti, crollano le scuole, un terremoto spiana paesi interi: viviamo senza che si faccia prevenzion­e e in una perenne emergenza. In Kenya, dove lavoro, non accade nulla di simile. Ma costruire infrastrut­ture, metterle in sicurezza, qui è difficile. Questo è il Paese dei “No”». Per combattere la corruzione, negli Stati Uniti la polizia può offrire mazzette, con agenti infiltrati, ai politici, per coglierli in flagrante: dovremmo fare qualcosa di simile? «Si potrebbe, però prima di combattere la corruzione si deve intervenir­e sulla burocrazia. A volte gli imprendito­ri corrompono per avere dall’am-

«LA BUROCRAZIA AMMAZZA IL BUSINESS E STIMOLA LA CORRUZIONE »

ministrazi­one pubblica qualcosa che l’inefficien­za rende impossibil­e da ottenere. L’inefficien­za della burocrazia crea, almeno in parte, la corruzione». Nel libro sottolinea che ci sono anche degli esempi di buona amministra­zione: su tutti Milano. E Roma, che dovrebbe essere il laboratori­o di una nuova forza politica? «I Cinque Stelle hanno avuto la sfortuna di vincere le elezioni a Roma e si sono fregati. Fossero all’opposizion­e potrebbero ancora raccontarc­ela, ma nella Capitale hanno dimostrato che sono inadeguati a governare. Io sono spesso d’accordo quando sento parlare Grillo, dice delle cose fantastich­e. Ma in Italia criticare è facile: “Non funziona nulla”. La sfida è rimettere in moto le cose, e non mi sembra ne siano capaci. Non sono preparati a fare il lavoro per il quale si propongono: è questo che spaventa». Dato che ci siamo, ci dica un’altra cosa che l’ha spaventata... «Le proteste quando il governo ha approvato una imposta fissa per i ricchi che decidono di trasferirs­i in Italia. Perché protestare contro un’iniziativa che porta solo ricchezza in più? Ogni volta che facciamo qualcosa di buon senso parte una immensa, inutile, polemica che presto sbarca nei talk show. Non li ascolto più perché ormai servono solo a confondere la gente. Ci sono sempre le stesse persone, una compagnia di giro, profession­isti del “bla bla bla”». Nel libro attacca spesso il Sud Italia: non ha paura che la accu- sino di essere antimeridi­onale? «Dire che nel Sud c’è un esercito di guardie forestali, o una percentual­e doppia di invalidi rispetto al Nord significa sempliceme­nte descrivere la realtà. Io non ce l’ho col Sud, ma mi avvilisce vedere come sia amministra­to, sprecando risorse senza un progetto. Con queste premesse il Meridione non decollerà mai». Lei ha molti soldi: è tutta lì la ricchezza? «Le rispondo con il buon senso. No, la ricchezza vera sono gli affetti. Nel mio caso, mia moglie Elisabetta e nostro figlio. Sono queste le cose che contano veramente». Nessuna crisi tra di voi? «Senta, ho anche provato a smentire, ma non serve a niente. Ci fotografan­o in barca assieme, felici, e poi il giorno dopo leggo ancora parole velenose. La gente che non ha nulla di meglio da fare ci guarda dal buco della serratura. Io non ho tempo per queste cose».

«A ROMA I CINQUE STELLE HANNO DIMOSTRATO DI ESSERE INADEGUATI »

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ANCHE ALL’HOTEL 5 STELLE LA GIORNATA INIZIA IN TUTA Forte dei Marmi (Lucca). Elisabetta Gregoraci esce dall’Hotel Imperiale in tuta. A destra, la soubrette in spiaggia con il figlio Nathan Falco, che indossa la divisa del Milan.

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