Rapinati in casa a 80 anni
Il racconto choc di due anziani
C’è stato il rumore forte della cassettiera rovesciata per terra e subito il botto dello specchio andato in frantumi. Ho spalancato gli occhi e ho visto tre sagome scure davanti al letto. Con unamano ho cercato di coprirmi, con l’altra ho stretto il braccio dimiomarito, ancora steso accanto a me». Rosina e Libero Bendini, 86 e 87 anni, sono arrabbiati, delusi, spaventati. «Arrabbiati perché chi ci ha sequestrato, picchiato e derubato è stato rilasciato solo dopo 20 giorni, prima ancora che io e mio marito uscissimo dall’ospedale. Perché a quasi un anno da quelle botte e da quel terrore non c’è ancora stato il processo. Spaventati perché uno di quei mostri è ancora latitante».
URLA, BOTTE E MINACCE
Rosina stringe ancora il braccio del marito Libero, come quella notte di luglio del 2016mentre ricorda le botte e le conseguenze di quella rapina: «Lo hanno lanciato giù dalle scale come un sacco di patate e ora il mio Libe-
« IL MIO LIBERO PIANGEVA. IO L’HO BACIATO SULLA GUANCIA E SOTTOVOCE GLI HODETTO: “ZITTOOCI SGOZZANO”»
ro è sulla sedia a rotelle. Tutte le volte che ricorda quel giorno balbetta e piange. Non ci hanno solo rubato i nostri soldi e il poco oro. Ci hanno tolto molto di più». Cosa ricorda di quella notte? «Ricordo tutto, purtroppo. Ricordo il pugno sulla faccia diLibero, gli insulti e le urla. Avevo chiesto i miei vestitima nonmi hanno neanche permesso di coprirmi. Faceva caldo e dormivo accanto a mio marito in reggiseno e mutande... Mi vergognavo ma loromi hanno afferrata per i capelli e trascinata al piano di sotto. Dove c’era già un uomo sopra la testa di mio marito. Il viso di Libero era una maschera di sangue. Tutto era sottosopra, le nostre cose, foto e carte, sparpagliate per terra. Continuavano a gridarmi: “Puttana, dov’è la cassaforte? Dove sono i soldi, l’oro?”. E poi botte e botte. Uno di loro ha attaccato il ferro da stiro e me lo ha avvicinato alla faccia. Ho fatto appena in tempo a portare il braccio fra la piastra e il mio viso. Mi ha bruciatama non ho sentito niente. Non sentivo il dolore. Non sentivo i colpi. Frame e me continuavo a ripetere: “Dio aiutaci, Dio aiutaci”. Mi hanno scaraventata sopra mio marito dopo avermi legata con lemani dietro la schiena. Ilmio Libero piangeva. Io l’ho baciato sulla guancia e sottovoce gli ho detto “zitto o ci sgozzano... zitto, tra poco finisce tutto”. Ma quella tortura è andata avanti per un’ora. Avevano un coltello in mano e mi dicevano di consegnargli la fede - racconta ancora Rosina - ma non usciva. Avevo paura chemi tagliassero le dita. Il terzo, quello che non hanno ancora arrestato, me l’ha giurata: “Chiama i Carabinieri poi io torno e ti sgozzo”. Ora dormo con un forcone accanto al letto. Abbiamo messo le inferriate alle finestre, le porte di ferro con un allarme collegato ai Carabinieri. Non facciamo entrare nessuno». Fuori da quella casa immersa nelle campagne a pochi chilometri da Padova, ora ci sono filo spinato e telecamere. «Solo due dei marocchini che sono entrati in casa nostra sono stati identificati. Saranno processati a ottobre. Hanno chiesto il rito alternativo e l’avvocato mi ha spiegato che per questo avranno uno sconto di pena».
«NON LI PERDONIAMO»
«Uno dei due ci ha scritto una lettera di scuse», aggiunge Rosina. «Ma noi non lo perdoniamo. Anche perché la lettera non l’ha scritta lui. È scritta troppo bene. Chi vuole prendere in giro? Ma quell’uomo ha capito cosa ci ha fatto? Da quella notte mi corico con la lucina accesa, miomarito prende dei farmaci per addormentarsi ma io ho paura di non riuscire a sentire i rumori e allora non prendo niente. E dormo poco. Mi sveglio anche quando i rami del melograno davanti alla casa si muovono. A ottobre, quando inizierà il processo io e Libero saremo in aula. Io voglio guardarli in faccia, voglio chiedere a quei due uomini perché ci hanno fatto questo. Potevano rubare senza farci del male. Perché tutte quelle botte?».