« Ora sono felice. Solograzieame »
L’ATTRICE È STATA LA MADRINA DEL QUINTO COMPLEANNO DI ITALO E HA FATTO CON NOI LA PIÙ CLASSICA DELLE CHIACCHIERATE DA TRENO, TRA MILANO E ROMA .« A BORDO SI È TUTTI UGUALI, ESCONOFUORI LE PERSONE VERE», DICE. E INFATTI CI HA CONFESSATOCHE...
Ora ho imparato a sorridere a me stessa appena apro gli occhi al mattino, senza aspettarmi che siano altri a farlo. E sono felice». Ambra Angiolini lo dice guardando dritto negli occhi come fa chi, per arrivare a dirlo, ha fatto una strada lunga. Seduta nello scompartimento di un Milano-Roma, sospira e pondera. Nonostante questo, sembra parlare a ruota libera. «È l’effetto del treno. Qui sopra, parlare è più facile, lo faccio sempre, anche con gli sconosciuti. Un viaggio è la fine di una giornata per tutti, si è disarmati e tutti uguali, le persone escono fuori davvero per quello che sono. Si fanno begli incontri», dice. E si capisce che non lo fa solo perché il motivo che ci ha fatte incontrare è il quinto compleanno di Italo, di cui è stata madrina. « Honoris causa! Prendo fino a otto treni a settimana, tra Milano, Brescia e Roma». Un foglio di viaggio che è la foto di una vita divisa tra il lavoro (a Roma) e la famiglia (a Brescia), che qui sta per i figli Jolanda e Leonardo, 13 e 11 anni. Con Francesco Renga, il loro papà, è finita da tempo. Ricorda qual è stato il suo primo viaggio da sola? «Avevo 13 anni e andavo a Rimini per lavoro. Però non ero esattamente da sola, c’erano degli accompagnatori. Sa, eravamo piccole...». Tredici anni è l’età che ha sua figlia Jolanda. Glielo lascia pren- dere il treno da sola? «Potrebbe, ma ancora non me la sento io. Anche se lei è super affidabile, precisa, attenta. Ha un carattere fermo e deciso, come me. Solo che io sono diventata ruvida col tempo, dopo che il mio “cortile” è stato invaso da chiunque. Jolanda invece è così di suo, ha capito subito come tenere lontane le persone negative. È una bambina già saggia, sicura delle proprie capacità. Non teme di entrare in conflitto per difendere quello che pensa. Mi piace molto il fatto che non seguamode némarchi: ha fatto del suo viso e del suo carattere una specie di marchio personale». Ha sentito il gran parlare che si fa della BlueWhale? È spaventata? «La depressione, il suicidio, come gli stupratori e i pedofili ci saranno sempre. La sola cosa che si possa fare per non vivere ossessionati ed evitare di crescere essere umani intimoriti di tutto, è fidarsi dei figli. E ti puoi fidare di loro solo se ci lavori tanto. Se so che dialogo ho con mia figlia, so che per l’80 per cento posso stare a casa e preparare la cena aspettando che
torni. Il 20 per cento che manca non riesco neanche a pensarlo, ma quello non si può gestire. Io da ragazzina ero strasicura di quello che dovevo fare per non tradire la fiducia dei miei. Ho iniziato a lavorare a 13 anni, mi sono capitate anche situazioni... Ma sapevo che lo sporco che mi sarei messa addosso sarebbe stato così ingestibile». Ogni volta che si parla con lei, ci si scopre a parlare del tempo che passa, di traguardi che arrivano troppo in fretta. Perché? «Nelle interviste che mi fate, mi chiedete sempre di parlare del futuro, che non conosco, o di quello che è stato, che ormai conosce (o crede di conoscere) chiunque. Il presente interessa poco a tutti, e invece del presente ci sono tante cose da dire. Se non impari che “qui e ora” è importante, passi la vita a ricordare quel che è stato o a pensare a quello che potrebbe essere, e sarai frustrata sempre. È uno spreco». Va bene, come vuole, allora parliamo del suo presente. «Stamattina mi sono svegliata felicissima». E questa felicità dipende soltanto da lei? «Lo vede? Io posso fare mille cose, ma mi chiedete sempre se sono fidanzata. Io però oggi so cosa non voglio più e da cosa non voglio essere consumata».
Ok, ma sui suoi social ha pubblicato un giochino in cui, tra “fidanzata” - “single” - “Ambra”, barrava la casella “Ambra”. Che cosa vuol dire? «Che sono affari miei, che non mi faccio più raccontare da quattro foto che escono su un giornale. Che potete pensare quello che volete ma quello che è, e con chi, lo so io». Torniamo agli altri motivi che la rendono felice, allora? «Ho imparato che devo essere la prima persona che si rivolge un sorriso al mattino. Ho sempre aspettato che la prima parola d’amore delle mie giornate arrivasse da fuori, ed è sbagliato. Ora lo faccio io e funziona. Sono più amorevole nei miei confronti, ho iniziato a pensare che possomeritare le cose belle che ho. Prima non era così: ho vissuto una vita col terrore che gli altri si accorgessero che non meritavo niente. Ora ho capito che invece sono moltomeglio di quello che ho sempre pensato di me». E questo che effetto produce? «Per esempio, non soffro il talento degli altri. Anzi, ancora oggi, dopo 26 anni di lavoro, se sono in platea a teatro e vedo qualcuno bravo sul palco, penso che da grande mi piacerebbe essere come lui. E visto che in treno vale tutto ( ride, ndr), le anticipo che a settembre sarò a teatro con La guerra dei Roses, con la regia di Filippo Dini. Perché se decidi di pensare alle cose belle, e inizi a desiderarle intensamente, le cose belle succedono davvero».