Ho il cuorematto: funziona a pugni!
NIPOTE DEL CREATORE DI ROMAGNA MIA, HA PASSATO IL TESTIMONE DELLA CELEBRE ORCHESTRA AL FIGLIO MIRKO :« ORA TOCCA A LUI, IO HO INNOVATO ABBASTANZA ». E DOPO L’ ULTIMO“INCIDENTE” CARDIACO RACCONTA A« OGGI» RICATTI, SGAMBETTI E SUCCESSI
Una mano sui fianchi, con l’altra stringe la mia. L’abbraccio è quello di un “valzerino”, messo a punto in una vita passata tra palchi e balere, feste dell’Unità e, se serve, della Lega. «Sentilo, sentilo come batte il mio cuore! L’altro giorno, pensa, aveva smesso per un po’ ma quel signore là mi ha dato un bel pugno al centro del petto e l’ha rimesso in moto». Ride, il re del liscio Raoul Casadei, in quel modo spensierato ad arte che è il suomarchio di fabbrica. Mi indica il suo cardiologo, Giancarlo Piovaccari («il migliore del mondo»), che solo la scorsa settimana si è occupato di lui dopo un attacco di fibrillazione al cuore. Lo ha fatto sedere in prima fila, davanti al palco su cui sta per esibirsi il figlio Mirko: va in scena la Notte del Liscio e, tra clarinetti e trombe, stanno per arrivare anche l’eclettico Morgan e il siciliano Roy Paci, a dire che un’altra evoluzione, per il vecchio genere del liscio, si è compiuta. Siamo alla terza generazione di Casadei, dopo quelle di Secondo e di Raoul: lo zio e il nipote che, negli Anni 50, con Romagnamia, e 70, con Ciao Mare, trasformarono la musica da ballo per contadini romagnoli in un fenomeno, vero veicolo di marketing turistico per la riviera. Raoul compirà 80 anni il 15 agosto: e anche se ha studiato nei dettagli il passaggio di testimone al terzogenito, il cuore pulsante dell’orchestra-spettacolo è ancora il suo. «Festeggerò in provincia diRavenna, e non andrò a dormire, perché il giorno dopo, su Rai 2, andrà in onda la
puntata di Unici che il registaGiorgio Verdelli mi ha dedicato: un attestato di stima che è tra i più grandi che io abbia mai ricevuto». Considerato che tra i suoi estimatori c’era Giovanni Paolo II... «Mi inorgoglisce: lamiamusica è stata sempre giudicata dai critici di serie B, e invece è musica di identità, come il country per l’America e il samba per il Brasile. Per questo per me contano tanto le persone. Sono uno di loro: un cacciatore, un pescatore, un ortolano, uno a cui bastano una pipa e un bicchiere di buon vino per stare bene, e ha fatto l’artista solo per caso». Il suo segreto? «Ho fatto il maestro per 17 anni: ho studiato i metodi Montessori, quelli svedesi e olandesi, tutti. Ho imparato lì a comunicare, con i bambini. Dovrebbero farlo anche Renzi e Grillo, con tutte quelle sigle non ci fanno capire niente. Mdp, cpt, stretching... Ah no, spread! ( ride, ndr). Negli Anni 70 mi accusavano di non cantare, ma di fare comizi: e invece invitavo la gente ad abbracciarsi, li facevo sposare. Che successo! Ai tempi si era un po’ innamorata di me anche la Bertè. Mi colpì: vera come nessuna». Ha mandato giù molti rospi? «Mi hanno fatto arrivare terzo al Festivalbar, perché non stava bene che vincessi. Poi è stata la mia Romagna a fucilarmi, perché ho cercato di fare delle canzoni vere, e non solo liscio. Anche io, ugualmente, non perdonai Lucio Battisti: avrei voluto stare a sentirlo cantare sempre I giardini di marzo. Ma gli innovatori vanno avanti». E poi ci sono quelli che usano il suo nome a sproposito. «Una volta c’erano in giro 11 “falsi me”. Oggi lo fanno persino i miei parenti: come con il circoOrfei, cimarciano». Ha mai fatto errori? «Tanto che faccio prima a dimenticare. Nel giro dei locali da ballo mi hanno ricattato sette volte... affaristi senza scrupoli. Avevo venduto 2 milioni di dischi, guadagnato tanto, e mi hanno rubato tutto. Non sono povero, eh, ma non ricco quanto dovrei. Una volta, al Castello diCarimate, il mio discografico fece scendere champagne dai rubinetti per festeggiare i soldi che gli facevo guadagnare. Non era il miomondo». Meglio la gente di balera. «Ma lo sai che se vado al mare, anche con gli occhialini, se arriva una signora di mezz’età e mi chiede un... selfo? ... come si chiama? dopo due minuti sono circondato dalle donne? Allora fingo di avere sete e vado a bere la birra, altrimenti svengo». Quando si è reso conto di essere un mito? «Sarà stato il ’71, a Milano: per un contadino di Cesenatico, era New York, con i fumi delle fabbriche, la nebbia. Bavero alzato, guardavo le auto sfrecciare finché non sento una voce. Un braccio esce da un finestrino: «Ma quello è Casadei!». Avevo tutti attorno, si bloccò il traffico. Se ci penso piango. Ma io non piango». Che epoca è questa che viviamo? «C’è chi fa l’amore con i telefonini. Ma io sono un innovatore e lo so, certi cambiamenti bisogna accettarli».