Oggi

«La confession­e»

- di Maria Luisa Ambroselli, San Giuliano Milanese (Milano)

Signor Commissari­o, voglio raccontare la mia storia a Lei, adesso, poi non la racconterò più a nessuno, non parlerò più; pertanto se vuole sapere, capire, mi ascolti adesso. Io ho quattro bambini. Di chi sono? Sono miei, non ce l’hanno un padre, ma non adesso perché è morto, non l’hannomai avuto; io nonmi sono mai sposata, l’inferno però l’ho vissuto lo stesso. Lui picchiava spesso i bambini. Quante botte ho preso, per proteggerl­i dai pugni e dai calci. Il terrore regnava in quella casa, mai un giorno sereno, qualsiasi scusa era buona per scatenare la fine del mondo. Lei mi chiederà: «Ma perché non lo hai lasciato?». Perché non potevo Signor Commissari­o, non potevo: minacciava di uccidere me e i bambini. Per loro, capisce Signor Commissari­o? Solo per loro. Io mi potevo difendere, loro no, loro erano i miei bambini.

Il giorno che sono tornata a casa dall’ospedale con in braccio la piccola Giulia appena nata, come sono entrata in casa gli altri tre mi sono corsi incontro. Con loro c’era mia madre. Forse hanno fatto un po’ di casino, erano così felici di vedere la sorellina nuova... lui si è svegliato, ed è corso fuori dalla stanza assatanato. Loro, poveri bambini, si sono nascosti dietro di me, lui allora mi ha dato un calcio così forte che la piccola mi stava sfuggendo dalle braccia. L’ho salvata, ma la botta mi ha provocato un’emorragia; sono tornata all’ospedale dicendo che ero caduta sui gradini di casa.

Come mi mantenevo, dice Signor Commissari­o? Lui ci manteneva, dandomi qualche soldo e schiaffi. Al resto pensava mia madre con la sua pensione, «tanto», diceva, «a me non servono». Lei povera donna mangiava pane e lacrime. Mi diceva sempre «tu così bella, così dolce finire così...». E io rispondevo: «L’amore mamma, è stato l’amore». I miei bambini Signor Commissari­o sono la cosa più bella e più pulita che la vita mi ha dato. Da grandi si vergognera­nno di me, della loro madre assassina, ma almeno saranno liberi di vivere. Avrebbe dovuto vedere Signor Commissari­o i loro faccini quando quell’uomo gridava, spaccava tutto, era fuori di sé, ma potevano vivere così? Signor Commissari­o, mi dica Lei, potevano vivere così? Adesso Lei vorrà sapere dove ho trovato il coraggio di fare quello che ho fatto, io che di coraggio non ne ho a sufficienz­a nemmeno per ammazzare uno scarafaggi­o. L’ultima sera, quella fatale, lui rientra per cena e mi dice così senza preavviso che si è innamorato di un’altra donna, che la vuole sposare e che gli serve la casa, quella casa dove c’ero io con i bambini. Mi dice anche che a lui non gliene importa niente di dove sarei andata a finire io con i miei «figli di p*****a», sì Signor Commissari­o, mi disse proprio così, chiamò così i suoi figli, e disse anche di fare in fretta e che se lo avessi ostacolato la minaccia era sempre la stessa: avrebbe fatto ammazzare me e i bambini. Poi è uscito. Che dovevo fare Signor Commissari­o? Quella notte ho aspettato che rientrasse, Signor Commissari­o, mi sono fatta trovare in piedi con in mano un bicchiere di aranciata, ho finto di essere conciliant­e dicendo che andava bene, che me ne sarei andata al più presto da casa sua, poi gli ho offerto l’aranciata che lui ha bevuto. Nell’aranciata c’erano due boccette di sonnifero sufficient­i ad ammazzare un cavallo. Lui si è fidato e ha fatto male, non pensava che io avrei avuto tanto coraggio.

Adesso ho finito, da oggi non parlerò più. A proposito Signor Commissari­o, non dica alla stampa che quell’uomo era suo figlio illegittim­o, da lei abbandonat­o con la madre tanti anni fa. Non dica che disastro ha combinato, tanto non interesser­ebbe nessuno. Mi stia bene, Signor Commissari­o.

VOGLIO RACCONTARE LA MIA STORIA ALEI, POINONLARA­CCONTERÒPI­Ù ANESSUNO, NONPARLERÒ­PIÙ. SEVUOLE SAPERE, MI ASCOLTIADE­SSO

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