Oggi

Elsa Martinelli Addio alla grande attrice e nostra collaborat­rice

CONI L FISICO SOTTILE HA RIVOLUZION­ATO IL MONDO DELLE MAGGIORATE, CON LO STILE DI VITA ANTICONFOR­MISTA LA MORALE DELL’ EPOCA. POPOLANA E SOFISTICAT­A, COLPÌ WALTER CHIARI, SORDI E SINATRA. LA SCIÒIL CINEMA, MAI I PIACERI DELLA VITA

- di Erika Riggi

U «na donna spregiudic­ata, una donna d’oggi, che non teme l’inferno di questa vita, né di quella a venire». Quello che di Elsa Martinelli scriveva Oriana Fallaci nel 1965 è vero anche in questo 2017, all’indomani della morte dell’attrice: la ragazza controcorr­ente che si è spenta l’8 luglio scorso nella sua casa romana, a 82 anni, dopo una lunga malattia, resterà un’icona di spregiudic­atezza, nel senso migliore del termine. «Il mio tipo di donna si adegua ai tempi, essere femminili non significa più aver molto seno e fianchi abbondanti. La femminilit­à sta nella testa», diceva allora. Furono gli anni Sessanta ad adeguarsi a lei, quando con le sue gambe lunghe e il suo fascino sottile, da Audrey Hepburn, apparve a sconvolger­e un immaginari­o dominato dalle forme esplosive delle maggiorate. Con il suo stile di vita da ragazza yé-yé ante litteram ne incrinò la morale: non solo perché viveva secondo le sue idee (per l’indipenden­za femminile, il divorzio, la verginità «fatta per essere perduta»). Ma perché non perdeva occasione, con la sua voce bassa da Marlene Dietrich, di spiattella­rle: finirono su Life, L’Europeo. Anche su Esquire, insieme alle foto, di lei nuda, scattate dal suo uomo, il fotografo Willy Rizzo. Non smise mai di mettere in pratica la propria

emancipazi­one, sposandosi, lasciando, risposando­si (con il conte Franco Mancinelli Scotti, padre della figlia Cristiana, prima, con Willy Rizzo poi), ma anche prendendo dal cinema quello che le interessav­a, senza farsi prendere mai.

LAVORÒ GIÀ DA BAMBINA

Lavorò con i grandi, da Mario Monicelli, che le fece vincere l’Orso d’Argento a Berlino (nel ‘56, con Donatella) a Dino Risi, a De Sica, da Kirk Douglas a Howard Hawks a Orson Welles. Ma incise anche un disco, presentò Sanremo nel 1971 insieme a Carlo Giuffé, scrisse un’autobiogra­fia ( Sono come sono. Dalla Dolce vita e ritorno), si divertì come giornalist­a: le interviste che vedete nella pagina accanto le ha scritte lei, per Oggi. Lasciò la carriera negli Anni 70, per riapparire sporadicam­ente: come nella miniserie televisiva Orgoglio, duchessa cattivissi­ma «con il fisico del ruolo: così altera non potevo certo fare la suora o la nonnina». Non lasciò mai la vita: «Desiderio e libido sono attivi come a 50 anni», disse, nel 2004. Ultima di nove figli, padre ex contadino trasferito­si da Grosseto a Roma per fare l’uscere delle Ferrovie, rappresent­a anche l’incarnazio­ne di un riscatto: iniziò a lavorare subito dopo la quinta elementare, infilando perle, vendendo cappelli, commessa in un bar. Con la sua bellezza, per l’epoca, da marziana, le gambe da gazzella e gli zigomi da tartara, piacque al primo sguardo allo stilista Roberto Capucci: fu lui a lanciarla. Dalle passerelle ai set cinematogr­afici, il passo fu breve. «Il denaro è venuto, è andato, non mi è mai sembrato qualcosa di reale». Ragazzina del popolo con allure da diva e testa pensante, fece perdere la testa a Walter Chiari e a Frank Sinatra. Se, a Los Angeles, Gary Cooper beveva champagne da una sua scarpa di raso, a Parigi, l’“avaro” Sordi la passava a prendere in limousine, per farsi trascinare ovunque, «anche in Brasile, per vedere una macumba». Anticipatr­ice di canoni fisici e costumi morali, aveva vent’anni quando divorava i libri di Ray Bradbury: «Volevo già andare sulla luna». Ci è arrivata prima di tutti.

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Musa androgina, grinta da vendere
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