EDITORIALE
UNO STORICOAFORISMADOVREBBE TOGLIERCI OGNI PREOCCUPAZIONE. MAÈ DAVVEROCOSÌ?
C’è una famosissima perla di saggezza chemi frulla spesso in testa. Eccola qui: «Se il problema ha una soluzione, perché preoccuparsi? E se il problema non ha una soluzione, perché preoccuparsi?». Affascinante, vero? Fa piazza pulita di ogni ansia e di ogni inquietudine. C’è una soluzione? Datti da fare e risolverai il problema, quindi non avere brutti pensieri. La soluzione non esiste? E allora non ha senso agitarsi o stare in apprensione, tanto non serve a nulla. Insomma, quelle due frasettine sembrano il viatico ideale per dormire sonni tranquilli. Ma è davvero così?
Non sono riuscito a individuare l’autore dell’aforisma. Qualcuno dice Aristotele, altri Aristofane, altri ancora, più genericamente, l’attribuiscono alla filosofia Zen. In ogni caso, con tutto il rispetto per l’inventore, chiunque esso sia, pensandoci bene e come direbbe Fantozzi, quel tanto celebrato detto è «una cagata pazzesca». Per due motivi. Primo: prendiamo un tipico problema che una soluzione ce l’ha. Per esempio, l’appartamento di sopra è allagato e mi piove in casa. C’è una soluzione? Certo che sì, anche più di una: avvisare il vicino, mettere dei secchi a terra, chiamare i pompieri, telefonare all’assicurazione, e così via. Ma se nel frattempo ho l’acqua alle caviglie e i mobili rovinati per sempre, il signorAristotele o chi per lui mi può spiegare come diavolo faccio a non preoccuparmi? Secondo caso: ilproblemanonha una soluzione. L’inquilino del piano di sopra è in vacanza, non ho secchi né tinozze, i vigili del fuoco sono altrove alle prese con un incendio, l’assicurazione non risponde. Be’, in questo caso ci vuole un bel fegato per non preoccuparsi.
D’accordo, stiamo parlando di sciocchezze. Nonèmai morto nessuno per un rubinetto lasciato aperto. Vediamo allora i problemi veri, che davvero ci preoccupano. Per esempio, quello dei migranti. Qui, a seconda chi parla, di soluzioni ce ne sonomille. «Aiutiamoli a casa loro», dice adesso Renzi. «Mettiamo dei traghetti per far cessare i guadagni illeciti degli scafisti», proponeGadLer- ner, con sprezzo del pericolo, e del ridicolo. «Accogliamoli tutti», «Respingiamoli tutti», «Lasciamoli annegare», «Mandiamo le truppe in Libia», «Trattiamo con gli altri Paesi europei», «Sbarchiamoli a Barcellona», «Diamo loro un visto temporaneo»… L’Italia è piena di persone che la sanno lunga, che non hanno dubbi, che danno risposte o lanciano slogan. Ma soluzioni vere, concrete, fattibili? Nessuna. Zero. Nisba. Quindi, non essendoci una soluzione, io non dovrei preoccuparmi? Appunto: cagata pazzesca (mi scuso per la volgarità, ma è la citazione testuale dal film con Paolo Villaggio: «boiata pazzesca» è eufemistico e sbagliato).
Altro esempio: la Corea del Nord. Se l’Occidente sta fermo, prima o poi Kim Jong-Un spara un missile sugli Stati Uniti. Se li attacchiamo, loro bombardano Seul. Se li bombardiamo lanciano tutti i missili che hanno. Se, se, se… Il Pentagono aggiorna quotidianamente gli scenari di guerra, ma nessuno di essi dà la garanzia di essere vincente, o di non provocare migliaia o milioni di vittime. Ergo: non c’è soluzione. Quindi non dovrei preoccuparmi? Ma siamo matti?
Stesso discorso per tanti altri casi di attualità. C’è una cura per il piccolo Charlie Gard? Sì, no, forse, ma chiedete ai suoi genitori quanto sono preoccupati (il memoriale dellamamma è a pag. 27). Vaccini obbligatori: sei, dieci, 12 o nessuno? Chi lo sa? E intanto iomi preoccupo sia che faccia vaccinare mio figlio sia che non lo faccia (ma fatelo, ve ne prego).
Morale, riflettendoci un po’ bisogna ammettere che il detto di Aristotele (o di Aristofane, o Zen) è estremamente consolatorio ma è anche una sorta di analgesico mentale. Tanti problemi, purtroppo, una vera soluzione non ce l’hanno, e invece di far finta di nulla la cosa più sensata da fare è non accontentarsi, diffidare di chi propone ricette facili, coltivare il dubbio e serenamente preoccuparsi. Magari tenendo virilmente le dita incrociate.