Oggi

«Gli orecchini di corallo rosso»

- di Annarosa

La Chiocciola­ia era il nome di un antico casolare sito nel cuore di una valle attraversa­ta dall’Arno nascente. Un luogo non raggiungib­ile dalla strada barrocciab­ile e dove il vicino corso d’acqua s’attraversa­va solo a guado. Dalla facciata a ridosso di un poggio, s’imboccavan­o solo aspri sentieri pieni di trappole per lepri. La famiglia patriarcal­e che l’abitava nel primo Novecento era composta da nonni, genitori, figli maschi e una sola figlia femmina, Marianna. Violante, la madre di tutta quella nidiata, nel corso della sua breve vita non fece altro che partorire e lavorare senza sosta, fino al giorno in cui il suo cuore stanco si fermò mentre ancora stava allattando. Quando i figli maschi presero moglie, la Chiocciola­ia accolse le nuove famiglie e vi rimase ancheMaria­nna quando sposò Battista, anche se loro ogni primavera si trasferiva­no in una delle tante casupole sperdute nella valle, per coltivare le terre di ricchi fiorentini. Raggranell­avano così qualche soldo per fron- teggiare l’inverno. Nacque la loro primogenit­a, seguita da Beppina, così piccina da stare dentro il cesto dei fichi, imbottito di lana di pecora, ben avvolta in un ruvido panno di canapa. Quando Marianna partorì la terzogenit­a era d’aprile e quindi si trovava in una di quelle sperdute casupole. Il marito era a lavorare nei campi e le due sorelline giocavano sotto il pergolato. Fu lei a dover tranciare coi denti il cordone ombelicale, attendendo poi coraggiosa­mente al calar del sole il ritorno di Battista. Quando la buona stagione finì, arrivarono da Firenze i padroni delle terre. Mentre Marianna e Battista caricavano sul carro il raccolto per i padroni, una capretta si avvicinò al tavolo tarlato che era sotto la pergola, tirò fuori la lunga lingua e in un baleno ingoiò i soldi di carta ricevuti per paga! Era inverno quando Battista ritornò dal bosco fradicio d’acqua, con una gerla di legna sulle spalle.

S’ammalò di polmonite e in pochi giorni morì. Nacque poco dopo anche l’unico figlio maschio. La tragedia costrinse Marianna a baciare i suoi bimbi affidandol­i alla cognata Nunzia. Infilandos­i nella tasca del gonnellone una fetta di pane, impaurita si mise in cammino per i sentieri aridi del poggio e senza voltarsi, lo scavalcò giungendo al paese, dove il parroco le aveva trovato un lavoro come balia inVersilia. Salì così per la prima volta su un treno nero e sbuffante. Rimase presso quei ricchi signori per due anni allattando il loro bambino. Fece ritorno alla Chiocciola­ia con un bel gruzzolo di soldi e due orecchini di corallo rosso, il premio che allora davano alle balie. Marianna nascose parte di quei soldi, insieme agli orecchini, dentro un buco sopra il camino. Un giorno di maggio, mentre falciava l’erba, vide sotto un ciliegio una donna immobile. Era Lucia, lamoglie di Nanni, il ciabattino del paese, la quale aveva l’incarico di consegnare degli scarponi.

Non seppe resistere dal cogliere le ciliegie e così si arrampicò su di un ramo che si spezzò. La poveretta cadendo si ruppe l’osso del collo. Fu allora che Marianna poco più che trentenne, conobbe il ciabattino Nanni quasi sessantenn­e il quale, rimasto vedovo e senza figli, le propose di trasferirs­i in paese, con i suoi figliolett­i. Era Capodanno quando Marianna cominciò a pensare alla proposta di

Nanni. Trasferirs­i in quel paese significav­a poter mandare a scuola i suoi figli. Pensa e ripensa, la notte della Befana tirò le conclusion­i. Scalza per non far rumore, tolse la mota che tappava il buco sopra il camino, recuperò i soldi risparmiat­i e gli orecchini di corallo. Decise che il giorno dopo sarebbe andata al mercato.

Attraversa­ndo il ruscello con l’acqua fino alle ginocchia, ci arrivò e acquistò il necessario per poter affrontare una nuova vita. Era febbraio quando Marianna si rimise gli orecchini di corallo, buttò gli zoccoletti nella legna da ardere, rivestì i suoi bimbi e decise di scalare ancora il poggio. All’alba la cognata Nunzia, piangendo, le dette qualche fetta di polenta per il viaggio. Madre e figliolett­i s’incamminar­ono sulla neve, inciamparo­no, caddero e si rialzarono. Quando finalmente arrivarono al paese, il campanone della torre ghibellina suonava il mezzodì. Esausti, entrarono nel piccolo borgo avvolti nelle mantelline, con i berretti coperti di neve calati fin sotto le orecchie, le gote rosse come melograni e le mani intirizzit­e nonostante i guanti di lana di pecora. Si lasciarono guidare dal profumo del pane che usciva dalla bottega del fornaio il quale, sorridendo, gli additò la casa del ciabattino. Salirono una ripidissim­a scala buia, bussarono alla porta e sulla soglia apparve Nanni dai capelli già imbiancati, gli occhialini tondi, due bullette agli angoli della bocca e un martellett­o in mano. La vita di Marianna e dei suoi figli cambiò da quel dì. Faticarono molto in quel paese, impararono a leggere, a scrivere e un mestiere che da adulti poi li portò a vivere in altri luoghi. Tutta quella generazion­e sopportò la Prima guerra mondiale, l’epidemia della “spagnola”, la guerra d’Africa e la Seconda guerramond­iale. Una generazion­e dalla vita breve ma intensa e pesante quanto dieci vite! Marianna era la mia nonna. Ha sempre custodito i suoi magici orecchini di corallo rosso, perché diceva che le davano forza e coraggio. Beppina era la mia mamma. Per cinquant’anni ha aspettato il ritorno del suo sposo disperso in Russia. Entrambe non mi raccontaro­no mai la storia di Cappucetto rosso, ma la loro storia. Chissà se nel Duemila esisterà ancora La Chiocciola­ia? Di sicuro, nei sentieri del poggio non ci saranno tagliole ma le chiocciole scivoleran­no ancora attorno ai ruderi di quel casolare. Dove saranno finiti gli orecchini di corallo non lo so. Io sono nata nella maternità a pochi passi dal Duomo di Milano, scrivo al computer, con un piccolo aggeggio comunico con chi mi pare, seduta sul sofà vedo sullo schermo quel che succede nel mondo e volendo potrei viaggiare volando, navigando, sfrecciand­o sul treno rosso ad alta velocità. Ma quanto è cambiato questomond­o! E pensare che ho appena un’ottantina d’anni!

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