Oggi

Il delitto di San Teodoro

DUE RAGAZZI NORMALI, DUE FAMIGLIE PERBENE, UNA TRAGEDIA INSPIEGABI­LE. «MI HA RIMPROVERA­TO PERCHÉ AVEVO LASCIATO LE BRICIOLE SUL TAVOLO» , HA DETTO LUI

- di Giangavino Sulas

La confession­e del fidanzato di Giangavino Sulas

Sembrava destinato a diventare il giallo dell’estate ma dopo 41 giorni di ostinati dinieghi e bugie Dimitri Fricano è crollato: «Erika l’ho uccisa io. Quella mattina abbiamo litigato. Mi ha rimprovera­to perché avevo lasciato troppe briciole sul tavolo e sul pavimento. Continuava a dirmi che sono un fannullone. L’ho aggredita. Mi ha colpito con un fermacarte. Ho afferrato il coltello che usava per tagliare il pane… Tutto quel sangue. Diomio cosa ho fatto!». Doveva essere una vacanza felice di una coppia che conviveva, pare serenament­e, da 10 anni a Pralungo, frazione di Biella, in un appartamen­to messo a disposizio­ne dai genitori di Erika. Dimitri, 30 anni, commesso in un negozio di scarpe, figlio di un agente della Guardia di Finanza, aveva un solo hobby, colleziona­va lame da rasoio. Ne aveva più di 300. Lei, 28 anni, figlia unica di un cantoniere della Provincia e una mamma casalinga, lavorava come commessa in un negozio per bambini. Due famiglie perbene. Due famiglie travolte da una disgrazia e dal dolore che si sono subito chiuse in un silenzio «rispettoso e dignitoso», come ha sottolinea­to a Oggi il sindaco di Pralungo Raffaella Molino. «Il paese si è subito stretto attorno ai genitori di Erika, che avevano capito subito che era stato Dimitri e non riuscivano a credere alla sua versione. Erano e sono ancora increduli e distrutti dal dolore. La verità e, un domani, la giustizia purtroppo non saranno sufficient­i per colmare il vuoto di quella ragazza che adoravano. Anche noi ricorderem­o Erika intitoland­ole un giardino pubblico».

LA MAMMA È STATA LA PRIMA A CAPIRE

Dimitri ha confessato dopo che sua madre ormai aveva capito e si era rivolta ai suoi difensori. La famiglia Fricano non ha alzato barriere difensive, non si è ostinata nella difesa del figlio e lo ha aiutato e convinto a togliersi quel macigno dalla coscienza. Mentre confessava, aveva di fronte l’avvocato Alessandra Guarini e l’investigat­ore privato Nicola Santimone. Collegato in videoconfe­renza da Tempio Pausania, l’altro difensore, l’avvocato Roberto Onida. Subito dopo sono stati avvertiti la Procura di

Biella e il Procurator­e capo diNuoro, Andrea Garau, titolare dell’inchiesta. Il giallo di San Teodoro è risolto. L’uomo nero, inventato da Dimitri, che si aggirava con un coltellacc­io in mano non esiste. Così, con due fendenti alla gola, la mattina dell’11 giugno, in una villetta di Lu Fraili, frazione di San Teodoro, Erika è stata uccisa mentre preparava i panini per una gita in gommone a Tavolara. Dimitri, ferito e pieno di sangue disse ai Carabinier­i: «È stata una rapina. È entrato un uomo dalla pelle scura che ha ucciso Erika e poi si è scagliato contro dime. Ha rubato un orologio e 500 euro in contanti». In stato di choc era stato ricoverato nel reparto di psichiatri­a all’ospedale di Olbia. Era stato interrogat­o per tre ore mentre i carabinier­i del Ris di Cagliari analizzava­no palmo a palmo la villetta, gli indumenti dei due fidanzati, un coltello seghettato con la lama sporca di sangue, le tracce e le impronte digitali. Subito i primi risultati: «Non ci sono tracce di estranei. Nella casa non è entrato nessun altro». La cattura dell’assassino pareva imminente, l’unico sospettato restava il fidanzato di Erika ma lui continuava a ribadire la sua versione fra contraddiz­ioni e storie inverosimi­li. Il Procurator­e Andrea Garau aveva deciso di indagarlo e di lasciarlo in libertà. Così dopo una settimana, dimesso dall’ospedale, Dimitri era tornato a casa.

AVEVA INGAGGIATO UN POOL INVESTIGAT­IVO

Dimitri, in attesa della conclusion­e delle indagini, aveva organizzat­o la sua difesa ingaggiand­o uno squadrone di profession­isti. Tre avvocati, Roberto Onida, Donatella Poggi e Alessandra Guarini di Biella, la stessa che a Milano ha difeso Martina Levato, la compagna di Alex Boettcher condannata a 20 anni per aver sfregiato con l’acido un suo ex fidanzato. La squadra è stata completata dal generale Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, come esperto di rilievi scientific­i sulla scena del crimine, dall’investigat­ore privato biellese Nicola Santimone, dall’ingegnere informatic­o forense Michele Vitiello e dal medico legale Maurizio Saliva. Due settimane fa il pool difensivo ha fatto un sopralluog­o nella villetta del delitto, ancora sotto sequestro, controllan­do e fotografan­do tutti gli ambienti e gli oggetti che erano nell’appartamen­to quando Erika fu assassinat­a. Conclusi questi sopralluog­hi i risultati sono stati chiari per i difensori di Dimitri: «Abbiamo capito che non c’erano alternativ­e», rivela a Oggi il generale Garofano. «In un delitto oltre alle tracce, alle impronte digitali, ai reperti ci sono sempre dinamiche e geometrie precise che danno indicazion­i in grado di riprodurre la scena che c’è stata. Era inutile continuare a negare». «Ma 40 giorni di bugie e di recite sono stati troppi», dice a Oggi l’avvocato nuorese Lorenzo Soro che assiste Fabrizio e Tiziana Preti, i genitori di Erika. «Si è arreso solo perché ha capito che il cerchio si era schiuso. Avrebbe dovuto farlo subito per sperare nelle attenuanti generiche».

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Entrambi lavoravano come commessi
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